giovedì 26 dicembre 2013

Prima che si cancelli tutto

Cronache di estati tra raduni di Libera e Napoli.

Dopo 20 giorni pieni di persone, voci, sorrisi, passo una intera giornata nei miei soliti 6mq o giù di lì. Mi fermo a rivedere come in un drive in le immagini di una vita vissuta troppo in fretta. In sottofondo mi sfonda le orecchie "people have the power" e allora tutti in giro si accorgono che è arrivato il momento della formazione. Dalla Chiesa, Mattiello, la Rispoli. Vedo il rosso dei capelli di Gaia in lontananza. Scambio qualche chiacchiera e si inizia. Dopo sono in fila che aspetto di ricevere la mia porzione di patate novelle e spinaci, rinominati "ghiaccio", per la loro bontà. Un tuffo al mare la mattina per sfuggire al riscaldamento. Incontri e emozioni gracchianti. Entriamo poi a Partanna trionfanti in un paese che si chiude in se stesso. Mi sembra di vedere tra noi Rita Atria che cammina sicura tra le vie del posto che l'ha abbandonata. Piera Aiello è una bomba. Una miccia che esplode ogni volta come se fosse la prima. Vincenzo Agostino entra in scena senza troppi fronzoli e come un punto bianco si infila tra le parole spese in queste giornate. Poi parte la musica e la passione si fonde con una buona dose di spensieratezza. In tenda rubo il sacco a pelo, giusto perchè ho fatto bene la valigia. Poi arriva la partenza senza troppi avvisi. Prendo la nave, mi fermo. Scendo dalla nave. Sono in macchina. Una scatola blu che attraversa Napoli. Non so che cosa sto facendo, ho ancora la testa tra i colori della Sicilia e il mare brodaglia di Marsala. Però capisco da subito che mi piacerà, non so perchè, ma mi piacerà. Arrivo. Sono scaraventata in un nuovo mondo, ma almeno mi posso concedere una capatina in bagno e un sorso d'acqua. Poi compare la Cola, Camilla e tutta la banda che mi accompagnerà per i prossimi giorni. Famiglia. Sono tornata in camera. Fa caldo oggi. Più che altro perchè sono sigillata qui come in una confezione di, com'è che erano?, ah, sì, patate novelle. Mi giro. Appare un sorriso di un bambino rom di Giugliano, ma anche di uno del campo di Scampia e del quartiere e...continuate voi. Mi ritrovo le mani sudaticce sulle spalle e tiro su un corpicino gracile per farlo roteare nell'aria umida di quei giorni. Qualcuno salta la corda. Qualcuno corre. Qualcuno frigna. Ascolto un pò di musica. Mi estranio per qualche secondo. Rido. Mi sveglio e mi vesto un pò a caso. Faccio colazione. mi cade il biscotto nella tazza. Faccio qualche cazzata quotidiana e si riparte. Ora sono in piscina e trascino Mersiana in questa zuppa estiva, ma fresca. Leo mi guarda e mi lancia un bacio. Parlo con Danilo e do una pacca a Giovanni. Bevo. Rido e Bevo. Grazie per queste istantanee che mi porto sulle spalle, come briciole nelle tasche. Ognuno di voi è stato essenziale e al posto giusto nel momento giusto.

martedì 17 dicembre 2013

Altrove.

Questa città ha dei luoghi sacri. Si aprono sipari ad altri sconosciuti. Siamo noi i tesorieri e i destinatari dello spettacolo. Un'immagine impressa, disegnata sulle palpebre che resta lì, ferma. Ormai ogni spazio ha il suo nome, ogni metro quadro il suo dolore. Ogni cielo la sua dose di sporca felicità. Siamo qua ed è già finita o semplicemente deve ancora iniziare. Mi sono infilata in cunicoli troppo stretti per poi poterne uscire. Senza troppa consapevolezza ho preso un'arma e ho iniziato a tastare il terreno. Una roulette personale che a vederla bene non ha che un solo esito. Strategico il gioco. Ignari gli spettatori e le comparse. Ambito il premio, distrutta la speranza. Sempre a modo per gli altri, sola al mondo per te. Completamente ribaltato lo scorrere del tempo, dall'inizio alla fine, si parte dalla fine per poi costruire le storie. A tratti marce. A tratti belle. Come un cubo di rubik uscito male. Quello di cui ancora non hai capito il meccanismo e stai là a ribaltarlo e a distruggerti per forzare la situazione. Grandi inconsistenze, senza un presente, senza un futuro. Solo un passato che non esiste. Gradi di strati con cui mi ricopro, ormai non mi scorgo e non guardo più. Avevo forse uno scopo, ma ho sbagliato a lungo e ora vago. Altrove.  

giovedì 5 dicembre 2013

Grezzo

Siamo nati tutti così. Senza il bisogno di nascere, con la necessità di respirare. Senza l'angoscia di vivere, con l'ebrezza del colore. Nuovi suoni e immagini. Tutto così complesso e tutto così semplificato. Abbiamo mille ragioni o non ne abbiamo nessuna. Gradiamo il sapore sulla lingua che non si stanca di appoggiarsi. Staziona per poco, però. Va giù. Un tocco amaro, dopo qualche sorriso. Un giorno rubato e un altro acquistato. Un grande affare e una perdita devastante. Il trucco del mondo che ci abbaglia ogni tanto. Graffia le lenti degli occhiali degli altri. Oggi ho guidato senza patente. Che ebrezza importante. Sfiorare la sconfitta della regola. Che ambizioni. Che sogni di gloria e grazia. Due belle donne, in fondo. Grandi sguardi, che attraversano gli anni, i tempi, i reclami e le lamentele. Le multe e le prigioni, le figure e le delusioni. Grezza tenacia, per mantenere costante questa sensazione nello spazio di queste quattro mura. Un'ansia nascente che è già morta con il passo febbrile dell'alba. Soli che esplodono e riducono tutto in frantumi che poi si incollano e si fa un vaso. Uno di queli che c'è sempre stato. Su quel mobile che guarda il futuro e il presente con fare altezzoso. Ma non si muove e non parla. Non si pronuncia e non si sveglia. Grandi mosse le nostre. Come pedine su una nuova scacchiera. Senza schemi di gioco, solo respiri ignoti e ignobili. Incredibili e fragili. Che si spezzano con l'aggredire del vento che spiazza le occhiate che guardano il mondo di sfuggita. Gracchia la notte, queste occhiaie sono il quadro delle ore e delle emozioni del giorno. Si conclude il ciclo dei sorrisi e delle smorfie. Il mento si rilassa e il collo non è più teso. Adagiato il busto sopra un letto, le coperte tese per ammazzare il freddo che cerca di entrare. Lo stronzo ama la compagnia, la mia.
Evitiamo troppe sgambettate in questi posti estranei. Preferisco rimanere dove conosco il perimetro d'azione. Non trovate che siamo un po' estranei a questo gioco? Estraniati dalla preparazione, dalle regole e dalla precisione. Decisioni mai prese e mai ascoltate. Ci incammineremo ancora sulle soglie delle case d'altri. Suoniamo questi campanelli che ad aprirci sarà il vuoto con le sue palpebre semichiuse, ma con fessure lente e sicure che lasciano passare la luce.

venerdì 22 novembre 2013

Post post

Non saremo mai delle persone senza guai. Non saremo mai. Mi svicolo tra questi stracci lasciati per terra. Ho una vista che, oggi, attraversa le menti degli uomini. Mi addormento senza sveglie al mio ritorno. Ho fatto un viaggio e nemmeno me lo ricordo. Ho preso un aereo. Sono stata in quel posto. Comodo, non troppo. Ho visto una città dall'alto che splendeva senza prodezze. Tutta intera nella sua crudele verità. Era sola, ma piena. Tutte le vite in un circuito di luci. Poche domande, solo preoccupazioni. Ho sentito la tua voce e ormai mi sembra straniera. Sono stata bene tra tutte quelle maschere, sono stata bene tra tutte quelle finestre. Sto bene tra tutte quelle vite. Ora non so. Con pochi soldi in tasca e una mente offuscata dalla realtà. La quotidianità che è come una valanga e mi apre il petto a metà. Sto scrivendo, è come un turbine che torna dopo troppo tempo. Ho un male intenso ad una mano. Ho un tormento denso. Non trovo risposte. È banale cercarle e farle proprie. Vado al rallentatore. Voglio finire in fretta. Ardere senza un perché. Credere senza una motivazione. Voglio essere voi. Voglio essere me. È un posto senza domande è un posto senza risposte. Succede dopo troppo tempo. Siamo svegli e abbiamo le radici ben piantate. Ma siamo nomadi, in fondo e aspettiamo il prossimo aereo. Il prossimo sogno. Il prossimo giorno.

venerdì 8 novembre 2013

Pre

La nostra solitudine ha la faccia dei corpi anziani adagiati sulle sedie del mc. Io sono qui tra queste visioni acerbe e affilate, tra queste strade non troppo illuminate che accolgo in bocca l'amaro di queste pietanze e ho un clamoroso vuoto che si aggrappa al mio fiato e lo spezza senza troppi convenevoli. Le ovvietà sono strane, perché ovvie. Ma c'è un nucleo di accecante e arida verità in loro che ti stende in uno stronzo istante. Più vedo gente e più ho questo vuoto tra le palpebre; più sorridete e più annego nell'orizzonte troppo aperto di possibilità e persone.

mercoledì 30 ottobre 2013

Il mattino ha fette di salame in bocca

Vorrei assaporare l'eterno anche con un solo battito, ma ho paura anche di un gradino soltanto. Scendo con cautela, cospirando contro il vuoto palpabile e possibile. Ho stampato sul volto un sorriso ebete da musica che scorre silenziosa, ma decisa. Cammino per Milano con quella passione che un guerriero ha durante la battaglia decisiva. Ma devo solamente sorvolare il prossimo ciottolo instabile, per poi cadere per colpa di una stringa che lascio respirare troppo a lungo e troppo spesso.
Non penso più alle anime che accarezzo. Determino il mio andamento a seconda dello scorrere del giorno. Ammetto l'inedia delle mattine d'autunno che mi circondano indifferenti, spiazzando la voglia di fare che si appisola sotto le coperte e sopra queste lenzuola. Il mattino ha l'oro nascosto alle mie pupille che vagano alla ricerca di un respiro, ma preferiscono il ritmo del silenzio che scorre in questa stanza con i vetri spessi e i riflessi della nebbia sottile.

mercoledì 23 ottobre 2013

Ignoranza

È facile perdersi per strada. Soprattutto se non hai una strada. Apro questi occhi. Ho le cuffie che lasciano il mondo fuori dal corpo. Vedo una piazza ormai arancione. È il colore di questa Milano che non ti lascia scampo. È un amore senza respiro. Uno di quelli impossibili. Servirebbe un'altra anima, un'altra vita. Invece siamo qua, con queste ossa che tremano senza pietà. Ci sono false immagini che attraggono sempre gli stessi volti. Falsi idoli che creano sempre nuove religioni. Percorro le vie come vene di un corpo stanco. Ho lo sguardo fisso su un abbaglio. Ignoro il cielo sopra la mia testa e guardo il pavimento senza possibilità di scelta. Ormai è ribaltato l'ordine naturale delle cose. Non ci sono cose, non ci sei tu. Respiro senza speranza di inghiottire aria. Vivo senza consapevolezza di camminare. Mi stupisco del mio riflesso. Dei miei pensieri. Vorrei vedervi, in fila. Vi sparerei senza pietà. Uno ad uno. La distanza sarebbe solo un trampolino di lancio e io addosso a sfinirvi senza sosta. Queste strade inghiottono i sospiri e lo scorrere del tempo è un'illusione. Lo scorrere del tempo è una cornice. Le differenze scompaiono e si giace nel buio dei nostri occhi.  

lunedì 14 ottobre 2013

Battito

Che poi dico cose che non vorrei dire. Mi escono parole come proiettili che hanno voce propria e non si fermano davanti a niente. Che poi hai toccato il punto. E io mi nascondo dalle evidenze del mondo. Dagli sguardi troppo reali e dalle luci della città. Ho un rifugio di ossa da troppo tempo. I respiri bloccati dall'inverno. Stai scappando e non ti fermi. Stai fuggendo e non ascolti. Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio. I cinquanta piani stanno finendo. Il palazzo sta proprio crollando e tu sotto stai ancora guardando il cielo come se fosse l'unico sole possibile al mondo. Forse è tutto sbagliato. Forse no. Mentre leggi guardati gli occhi e dimmi che vedi. Toccati il volto. Senti il battito. Fermalo. Riparti. Fermati. Vorrei una boccata di fumo per intasarmi i polmoni di un nulla impalpabile. Buttarsi via. Ferma il battito. Riparti. Guardami. Ci vediamo domani. Come sempre.

domenica 13 ottobre 2013

Orizzonti

Basta voltarsi e ci si ricasca. Così come ci si era girati, così come si mettono i calzini la mattina, così come non si mettono i calzini la mattina. È peggio dell'istinto di sopravvivenza che ti sussurra all'orecchio. Sì, peggio. O forse è proprio lui, becero. Che, magari, è meglio se non lo si insulta che poi, insomma, tutto fa brodo. E basta un volto e ci si aggrappa. Così come il rifugio che nella giungla non c'è. Ma, come sempre, le storie hanno luce propria nella testa. Il riflesso nella realtà non si vede, nemmeno all'orizzonte. Nemmeno oltre l'orizzonte. Nemmeno. Insomma, non si vede.

giovedì 10 ottobre 2013

Lea

In questi giorni sto pensando in un modo quasi morboso a Lea. Lea Garofalo (se non sapete di che parlo, andate pure qua). Mi si piazza nella testa un'emozione che non ha voce. E non capisco. Non capirò mai. Qualche giorno fa mi è capitato di rivedere qualche amico che non vedevo da troppo tempo. Eravamo all'Arco della Pace. Corso Sempione. Milano. Ho visto risate e volti distesi. Dopo che condividi certe avventure, non servono più troppe parole. Però poi per una frazione di tempo irrilevante per l'esterno, mi sono fermata a vedere la targa della via. Corso, pardon. Un rettangolo color panna. Inciso. E penso che questa via è la loro via. è il posto dove Lea e la sua anima, Denise, stavano passeggiando la sera del 24 novembre 2009. Una cosa come 4 anni fa. Fa effetto. Lea e Denise parlavano. Una con un cappotto nero e l'altra con un piumino bianco. Mamma e figlia legate da un istinto di sopravvivenza troppo crudele, da un coraggio troppo forte e da un'Italia troppo acerba. Camminavano e chissà cosa si dicevano. La loro passeggiata viene ripresa da alcune telecamere di sorveglianza. Vuoto. Le due si salutano. Vuoto. Lea muore. Vuoto. Denise è sola. Vuoto. Continuo a sorseggiare il mio Mojito pagato troppi soldi per quel che contiene. Ma rido e questo mi basta. Potrei anche spendere di più per star con loro, alla fine. Ma stavamo dicendo. Lea e Denise si sarebbero dovute incontrare non troppo tempo dopo per ripartire da Milano. Ma non si vedranno mai più. Madre e figlia seperate dalla 'ndrangheta. Una merda che schiaccia i loro sorrisi e le nostre strade. Non riesco a frenare i sussulti che ho. Devo razionalizzare, ma non riesco. Non posso pensare ad un padre che prima uccide la sua compagna e poi viaggia in macchina con la figlia, inventando scuse e intessendo finzioni. Dove siamo finiti in questi anni? Ti guardo negli occhi e non ti vedo. Vorrei vedere un uomo, ma scorgo uno straniero. E vorrei avere delle mani per accarezzare il tuo viso, ma le ho legate dietro.
In questi giorni sto pensando a Lea. Sto pensando a dove potevo essere quel 24 novembre del 2009. E sto pensando a dove sarò il prossimo 19 ottobre, quando finalmente Lea potrà essere salutata. Ma non voglio fragore. Vorrei solo che la sua piccola anima, ormai ventenne, potesse sfiorare i nostri volti e sentirsi meno sola. Vorrei solo che la sua piccola anima, ormai ventenne, baciasse sua madre sugli occhi che hanno visto tutto questo e su quella bocca che il coraggio di parlare l'ha avuto, ma non è stato accompagnato a dovere.
Vorrei dire troppe cose e non ho le parole per farlo. Vorrei essere diversa. Vorrei che il mondo o almeno Milano aprisse i suoi occhi impastati. Vorrei aprire i miei, di occhi. Vorrei abbracciare Lea. Lea.

domenica 6 ottobre 2013

Non sapevo

Vorrei essere te in questo momento solo per possedere un sospiro come un tempo infinito che non tornerà più in questa spiaggia d'inverno che chiama il mio nome che non tace e scuote le anime inquiete dei tempi bui.

domenica 29 settembre 2013

storie di bande stagnate

Tra le piaghe delle giornate c'è un sussulto che sbatte a terra le coscienze. Siamo un tumulto senza fine di sguardi e occhiate strane. Non avrei voluto finire in mezzo a questo sciame senza scopo, ma alla fine, ci sguazzo senza sonno. Non colgo la differenza tra le sfumature di grigi. Sbagliare è un modo di agire che ormai si applica a questi istanti. Ho trovato un minuto di follia, tra del colore nell'aria. Un respiro sofferto, ma fermo nel tempo. In un luogo staccato. Come un cubo di eterno. Dentro ricordi e immagini scorrono, non ci sono immagini e nemmeno ricordi. È solo il corpo a decidere il ritmo ed è come un ballo senza incertezze. Non c'è un giudizio, non una fine. Solo un sentire che sgorga da queste sottili vene. E così al poco prezzo di pochi euro si spalanca l'armadio di Narnia dei nuovi pischelli. In mano la vita e poche altre preoccupazioni.

mercoledì 25 settembre 2013

Oltre

Lasciare la vita fuori dalla porta per qualche ora, perché non sempre si ha voglia di battersi con gli occhi di qualcun altro, con idee che schizzano per le strade, con le esistenze che ingranano e con quelle che non lo fanno.
Non avere voglia di paragoni, di vestiti, di ragioni.
O forse avere troppa voglia, tanto da non capire come agire.
Attivare i sensi non è cosa semplice. A volte esistono e nemmeno ci si accorge.
Inerzia del sentire.
Appoggiarsi su un divano per ore, dormire per non vedere.
E forse sarebbe così semplice.
Basterebbe ascoltare.

E si rimane, qua, in sospensione tra due momenti, tra mille vite, tra troppe strade, su una corda tesa che obbliga ad andare. Oltre.

Storie di furgoni

A volte mi sembra che tu non sia mai esistito. Dico, perché, a volte non mi ricordo nemmeno che sei esistito e mi verrebbe da prendermi a schiaffi.
Ma, è così.
In questi ultimi anni non ti ho pensato spesso. Forse perché non riusciamo a pensare durante la monotonia dei giorni, delle cose da studiare, delle pagine da sfogliare.
A volte, invece, in questi ultimi tempi, mi fermo in mezzo alla stanza e mi passa un momento davanti, come una scaglia lanciata dall'aria ferma ed informe. Alla fine non ho occasioni di fermarmi davanti alla tua foto troppo a lungo. Alla fine non ho più guardato le tue foto. Alla fine mi accorgo che basterebbe condividere un attimo qualche lembo di pelle, per averti vicino al mio pianto e al mio sorriso. Vorrei chiederti cosa devo fare ora e vorrei chiederti come mi vedi, ora. Vorrei incrociare il tuo sguardo, ora. Vorrei vederti mangiare e bere. Vorrei che cucinassi per me. Vorrei che mi sorridessi. Vorrei che raccontassi una delle tue battute e vorrei pensare che a volte non fanno nemmeno ridere quelle battute, ma dette da te hanno un altro effetto. Vorrei provare quella tenerezza che mi è stata rubata quel giorno, quando ti ho immaginato e non sei più tornato. Vorrei smettere di scrivere queste stupide parole e di fare quella dai sentimenti deboli.
Ma alla fine sono qua che scrivo e ne ho bisogno, perché vorrei saltare sulla poltrona appoggiarmi sulla tua pancia e non pensare a niente, perché il futuro non esiste, c'è solo lo scorrere lento del respiro e quell'aria di mare in lontananza.

domenica 8 settembre 2013

Niente di nuovo

In questa testa accade di tutto. La vita fuori è solo un trucco per pochi, noi siamo instabili che ci dirigiamo verso pianeti impossibili. Ho una lista di cose infinite da incidere su questa pelle che si traveste di mille sembianze. È facile mostrarsi fuori come invincibili e sicuri, come se fossimo eroi sullo spigolo degli eventi, ma siamo racchiusi in due o tre lembi di tessuti, vecchi e consumati. Avremmo già cambiato le regole del gioco, ma rimane tutto uno sporco sogno che blocca questo finto respiro di un debole corpo che si trascina in giro. Abbiamo raccolto provocazioni, ma son rimaste ferme nell'androne dei nostri talenti mai coltivati e mai presi sul serio. Rimaniamo indispettiti di fronte ad un cambiamento, forse unica spiaggia in cui sostare per combattere contro lo scorrere del tempo. E mi passano i giorni sulla faccia, vedo riflessi di qualche speranza, lontani in un vicolo a me ignoto e ormai nascosto.

domenica 1 settembre 2013

Specchio

Mi guardo a questo specchio, ma non sono io, non ora. È come vedere un terzo soggetto di una vita che non ci sarà mai, di un'esistenza che è solo nelle nostre teste pronte ad esplodere. Come un a figura inesistente ci si rivolge a quell'immagine che davanti a noi sorride e finge di non conoscerci. Sai in questo momento non vorrei essere qua a guardarti senza poteri capire, senza potermi esprimere. Quasi rido di fronte a tale insensatezza, perché ora i limiti del giorno non reggono e si può fare quasi tutto. Eppure ci guardiamo e non siamo umani e io ti vedo, ma non provo. Sto pensando a come rincorrere questa immagine, a come fare a raggiungere lo scopo che non ho. Vorrei solo poter capire per una volta quale esito si sta evincendo all'orizzonte e, invece, sono qua che scruto le righe dell'essere e non capisco cosa possa succedere. Giro in bici per respirare e riprendere quella conoscenza del normale che altrimenti si lascerebbe sfuggire. Io non voglio essere, vorrei esistere, ma in questo lasso di tempo mi accorgo della difficoltà di apprendere il mio limite. Vorrei poterti leggere quegli occhi fragili. Sai in quel momento ho creduto di non esistere, in quel momento ho creduto di essere in un tempo senza spazio, in un tempo senza luogo, come sospeso dalle moltitudini di vite che di solito mi circondano. Vorrei solo poter dire che ti sono debitrice, ma non è così;  non succede se non nella propria mente, quindi continuo a respirare senza interpellare il tuo animo e il tuo spirito e sono qua che barcollo e non riesco a spiegarmelo, ma non trovo altra soluzione che dormire ancora in questo nuovo giorno.

venerdì 30 agosto 2013

Occhi

Ognuno vive un momento che non sarà mai uguale a quello di un altro. E quindi si staziona in un metro quadro di spazio che è solo proprio in quell'attimo e in quel momento che mai saranno uguali a nessun altro attimo e a nessun altro momento. Sguazziamo nel tempo da soli cercando appigli negli altri che a loro volta sono più o meno consapevolmente soli. Quindi è un circolo di anime che si rincorrono per avere attenzione e calore. Mi muovo in questo spazio e mi guardo attorno. Siamo in due su una panchina, ma ognuno occupa il suo posto e ognuno coi propri occhi vede quello che può vedere, quello che vuole vedere. E allora non c'è un senso, se non un desiderare un nesso tra le persone, le loro vite i loro sguardi e le loro crepe. Saremo isole, saremo in un mare solo nostro e personale. Saremo in lotta e in combutta col mondo, ma quello sguardo e quel battito, per un momento sarà il nostro unico appiglio.

mercoledì 28 agosto 2013

Non ci devono essere pause

Ho deciso che non voglio decidere. Voglio smettere di dover trovare una nicchia, un vicolo che sia solo mio, in cui sguazzare, respirare. Non voglio più avere vacanze. Le ferie servono a chi ha bisogno di andarsene. Io voglio rimanere. Ho necessità di trovare lo spazio in cui appoggiare le mie cose e vedere finalmente l'attimo nel suo scorrere, lento, indeciso. Ho perso il tempo, così, senza capirlo. Non voglio avere pause. Non ci devono essere pause in una vita. Se mi fermo vuol dire che i conti non tornano. Quello che sto facendo non ha più un senso. E quindi mi aggrappo a pochi momenti solitari che si siedono tra le linee del calendario e nessuno da fuori vede, nessuno da fuori sente. E si prosegue, senza ritmo e senza stupore. Un giorno con un po' di musica addosso, per variare la colorazione di questo grigio stanco. Ho bisogno che la notte, con il decadere delle maschere, ci si possa sedere senza rimpiangere il battito del proprio cuore. Senza stupore, come un calcolo oggettivo. Senza remore di sbattere ancora queste palpebre. Non voglio avere pause. Non ci devono essere pause.

martedì 18 giugno 2013

muore

Frutto del caos e del caso. In fin dei conti creiamo per soccombere insieme. Respiri per morire. Scrivi per sopravvivere. Ridiamo imbarazzati o senza pensieri. Ma poi torni sulle orme lasciate sull'asfalto caldo e scommetti che durerà poco tutto questo. Credo nelle battaglie ma mentre le combatto è come se non esistessero. È un po' come rincorrere un tempo che sfugge e riempire un attimo che non ha senso. In esso il tutto cade e si arrampica sulle vette dei tuoi sogni. Ma non credo ci arriveremo mai. Contando le vittorie e le sconfitte la natura vince. Io ho solo un corpo che risponde ai riflessi delle leggi senza scheletro. Senza anima ti rivolgi a me. Senza regole. Alla fine le abbiamo inventate come le case e i ponti sotto cui dormiremo da grandi. Ti credi migliore. Ti credi oltre la comprensione comune. Ma credo che il soffio del tuo respiro segnali una carenza di ossigeno che ucciderà tutti noi lentamente senza remore. Ogni volta che allarghi i polmoni un giorno muore e ti aggrappi ancora ai volti delle persone che conosci credendo che saranno eterne come le montagne e le placche. Anch'esse frutto di leggi che svolgono incessanti il loro compito di regole fittizie senza azione. In fin dei conti costruiamo perché non abbiamo nulla di meglio da fare. Lavoriamo per guadagnare e comprare torte per festeggiare la morte dei sogni e del corpo mobile che si inchina di fronte ai mutamenti. Se fossi felice ti direi di vivere senza pensare al fine e al limite. Ma commetterei un crimine a rivelare l'indole che spinge ad essere anche senza regole. Abbiamo composto carriere e spettri di carriere. Soldi e commerci sui soldi. Siamo felici se abbiamo e se compriamo. Sono felice se ascolto e non sento. ,muoio col giorno che viene e perdo la lucidità dei
contorni. Comprendo ma non capisco. Ammiro ma non contemplo. Conosco il trucco, ma non lo applico. Sorridi piangendo che è di nuovo giorno.

la luce



lunedì 17 giugno 2013

di notte

Il riflesso di un'auto sfuma passando da una semplice colorazione bianca ad una rossa, luminosa. Non pensiamo ad altro che ad esistere. Si sentono le voci degli altri che sono seduti davanti. Come un perfetto copione in cui tutti hanno finalmente la parte giusta e la stanno eseguendo con i tempi giusti, le pause giuste, i respiri a ritmo. Qualcosa nel bagagliaio sobbalza. Chi guida scorre le strade come se fossero cartoline che interessano poco. Le sfiora appena, tanto è veloce. La guida ormai è sicura, forse anche troppo. Passiamo in rassegna tutta la città, dal centro in poi. Sembra di vivere un'altra vita. Un altro mondo con altre persone, con altre regole, con altri gesti e sguardi. Tutto accade nello stesso identico posto di sempre, eppure è come se non ci fossimo mai stati. Tutti sono gli stessi di sempre, eppure sembra di non averli mai conosciuti. Ci si fa spazio tra il buio dell'una. Di auto in giro ce ne sono ormai poche. Anche se ci fossero non si noterebbero. Un po' come corpi invisibili ci muoviamo tra le fessure della vita. Piccoli spazi in cui si fatica ad entrare, ma che la sera si attraversano con estrema facilità. Un sorso d'acqua per tornare coi piedi per terra. Il caldo c'è lo stesso, anche se il mondo pare girare al contrario. Sorrisi semplici buttati a casaccio su questi visi puliti. Ogni tanto le curve vengono prese troppo di fretta, la macchina stride e sembra ribellarsi, ma continua incessantemente il suo dovere. Come gli altri ora ha un compito e non si scherza. Si è liberi e si potrebbe vivere così per sempre. L'alba non cambierà nulla. Invece si cambia. Si torna a camminare a testa china con la musica su per le orecchie, con le scarpe nuove e gli occhi stanchi.
L'alba non cambierà nulla, ma sarà pur sempre un'alba.

giovedì 13 giugno 2013

Incroci.

Lo sguardo fisso scavalca il finestrino. Una distesa densa d'acqua che fa da pavimento ai pensieri. Due in spiaggia prendono il sole. Si lasciano attraversare indifferenti dagli eventi. Non ci conosciamo e non ci conosceremo mai. Eppure io li vedo e li racconto. Non sono né troppo vicini né troppo lontani. Il giusto pudore per le apparenze delle nostre facciate. Sobbalza a tempo il vagone. È lercio, ma quasi confortevole. Il giusto ambiente per far ruzzolare ricordi e bagagli. I treni troppo puliti con tipi impettiti irrigiditi nei loro vestiti, iti iti iti. Troppe regole tutte insieme, troppe facce scure senza ragione. Il vetro sbatacchia con fluire dei binari. Con due cuffie incastonate nelle orecchie il viaggio è completo. Basta azzeccare il pezzo giusto, la corretta sequenza di note e sensazioni. Un alternarsi tra stati umani e sonori. Vibrazioni che colpiscono gli organi e li fanno ballare lievemente. Qualche capello scompigliato riflette lo stato emotivo del momento. È sempre un groviglio di linee e punti, intersezioni infinite tra idee e frenesie. Contaminati dal mondo, girovaghiamo per i sentieri del cervelletto fino al midollo. Gli impulsi impercettibili in secondi e millesimi determinano lo stato e l'apparenza. Le mosse e i sorrisi, le incazzature e i terrori. Sostanze che si scambiano, liquidi che sgorgano. Un grande barile di piccoli ingredienti che esplode con le dosi sbagliate. Fissati gli estremi nel contorno ci si sbizzarrisce. Questo è il nostro contorno.  

domenica 2 giugno 2013

Non sul serio

Un martello regolare e veloce picchia tra queste costole. Quel vago inizio di una sensazione senza parole. Nessuna voce per questi sbalzi d'umore. Ci siamo arrampicati sull'asta per cercare di acchiappare l'ultima speranza che volteggiava seguendo le correnti dei venti. Scivolati verso un limite ci si è spinti più in là. Senza troppe sbavature abbiamo disegnato i nostri occhi. Diventano piccoli prismi in un mare di carne. Abbiamo aspettato un sorso di brezza, ma poi siamo atterrati di culo sull'erba ancora bagnata. Non abbiamo ancora la forza di rialzarci. Abbiamo bisogno della mano che nessuno ci lancia. Siamo separati da pochi centimetri, ma nemmeno ci vediamo.

mercoledì 29 maggio 2013

Ero

Non sarò mai come tu volevi. Non sarò mai come io volevo. Salgo su un traghetto in città. Tra il cemento navighiamo come una rompighiaccio del nord. Ho le palpebre serrate. Non vedo, ma non per questo non so dove sono. Mi ricordo ogni centimetro delle strade, ogni sampietrino di ogni suolo. Se sei accanto al naviglio l'aria è un cubo di Rubik mai toccato. Denso e fermo. Poi ti sposti e iniziano ad apparire nubi di smog perlato. Entrano nelle orecchie assieme ai clacson rubati. C'è qualche rotaia che gracchia senza pietà e striscia senza alternative sull'unico binario che ha. Eppure sembra viaggiare. Eppure vive più di noi. Ci sono questi tram arancioni. Si inseriscono nel grigio dei palazzi e delle case. Come una pennellata stonata in mezzo alla tela. Nell'insieme si adagia tra i colori. Se giri a destra, il cemento diventa la tua rampa di lancio personale, la gente non esiste più. Sono delle chiazze nel sentiero, ombre tra le luci. Tutto è un riflesso che si abbraccia a te, ma non temere. Ho solo queste due scarpe con i lacci che sbatacchiano sulla pelle, se corro, puo' essere che cada. La canzone che risuona è aggressiva, a passi svelti e decisi attraversa le orecchie, il labirinto, le vene, la pelle. Una macchina da guerra senza ruote cingolate, si viaggia tra le famiglie che iniziano a cenare e le coppie affacciate alle finestre. Alcuni televisori trasmettono le vite degli altri. I respiri non si sentono, non esistono. C'è solo dell'umido che si appiccica alle pareti del cervello di questo essere senza regole. Non credo attraverserò la strada. Rimane il dilemma, ma il semaforo sceglie per me. È rosso e si continua sullo stesso marciapiede silenzioso. Non devi decidere. Qua è tutto più semplice. La vita è un'altra cosa. Questo è un modo come un altro per esistere. Dire: sì, ci sono. Sto camminando senza muovere un piede. Sto vivendo senza respirare. Sono nel tempo e ci sguazzo. Nuoto tra tutti i ricordi e le emozioni passate. Qualche bracciata tra i vostri sorrisi e le vostre follie. Forse vorrei fermarmi e guardarvi ancora per un po'.

lunedì 27 maggio 2013

Il Testimone.

Incursioni tra le parole di questa sottospecie di blog.

Ogni giorno facciamo mille cose e in realtà, probabilmente, non ne facciamo nessuna.
Ci grattiamo le chiappe, starnutiamo, incrociamo il nostro sguardo con quello di altri nulla facenti/ tenenti.
Pensiamo a cosa dirci, a cosa evitare di dirci A che balsamo usare. Che metro prendere. Se studiare o saltare la sessione per farsi due passi. Se fumare o non fumare. Se. Se.

Tra tutte queste cose, che poi sommate chissà che numero faranno, venti, trenta minuti del nostro tempo forse avranno quasi un senso.
Ci sediamo comodamente su un anfratto delle nostre case, s una scomoda poltrona da ufficio e pigiamo play.

Pif è un cazzone, ma con una "C" gigantesca.
Godetevi l'ultima puntata, perchè ci siamo tutti un pò rotti i coglioni.

http://news.mtv.it/tv/il-testimone-pif-incontra-roberto-saviano/

venerdì 10 maggio 2013

Eppur si muove.

Ho agguantato i battiti che si sviscerano nel tempo; più ne prendo più ne perdo. Penso che qua sia troppo svelto il cielo che corre con le nuvole in groppa. Porta pioggia, ma domani intravedo la svolta. Se mi armassi fino ai denti sarei quasi uno squalo negli oceani, ma spunto tra i cespugli, con le orecchie abbassate e le fronti sudate. Mi infilo tra i vicoli, sono timidi, provocano brividi alterni, come enigmi mi diverto a risolverli. Ho aperto varie porte, l'importante è trovarsi davanti sempre nuovi orizzonti. Mi scaldo con il raggio che balza fuori dal gruppo. Mi trucco per nascondermi e confonderti. Proverbi tra le mani, bisbigli nelle cuffie, compresse nelle tasche. Chimicamente determinato l'afflato e il respiro. Ricreo la stessa situazione, al rallentatore, per vederla bene, sempre uguale. Comprendo tutto vedendo quel volto. Gli sorrido ma è già stravolto. Ho un sorriso nel portafoglio, me lo tengo stretto. Camminando sul marciapiede, accanto alla strada senza regole, mi affaccio sulle varie vie e sulle varie vite. Follie senza manuali, non abbiamo dizionari per capire i nostri pari. Paghiamo prezzi piuttosto cari per i sicari della monotonia. Andiamo via senza fuggire, restiamo senza partire. Agguantiamo tra le mille pile, in comode file, il nostro fienile con porcile e fucile. Mi prendo il giornale, mi siedo all'imbrunire e tutto è fermo, immobile “eppur si muove”.

lunedì 6 maggio 2013

A Single Man

Nella vita ho avuto momenti di assoluta chiarezza,
quando per pochi, brevi secondi, il silenzio soffoca il rumore
e provo un'emozione invece di pensare
e le cose sembrano così nitide
e il mondo sembra così nuovo.
E' come se tutto fosse appena iniziato.
Non riesco a far durare questi momenti,
io mi ci aggrappo,
ma come tutto svaniscono.
Ho vissuto una vita per quei momenti,
mi riportano al presente
e mi rendo conto che tutto
è esattamente come deve essere...


domenica 5 maggio 2013

Colpi in canna


Queste sono le nottate senza senso. Come se le altre ne avessero uno. Una scatola incastonata tra le costole che viaggia per conto suo. C'è un momento in cui gli eventi riescono a scalare la vetta dei ricordi. Si piazzano in prima fila e ti lustrano gli occhi con le loro stupide immagini. Sono prepotenti, questi. Ho delle facce davanti, di gente reale e non. Voi siete lì e non lo sapete. Siete lì, ma non esistete. Non esistete più. Ci si appoggia alle sensazioni, come poltrone quasi comode. Si prende il telecomando e parte lo spettacolo. Ma la palpebra cade e le frange dei vari battiti si mischiano in un unico vortice. Non siamo qui. Siamo qui.
E riuniamo le pagine. Disegni instabili si spalmano sopra quei fogli. Ho raccolto i pochi soldi che avevo nelle tasche. Li giro e rigiro tra le mani. Così inutili in questa stanza. Lego l'ebrezza al soffitto e mi faccio trascinare dal tempo. Non siamo qui. Siamo qui.

venerdì 5 aprile 2013

Lamenti.


Seduti in fila
filano le menti
come lamenti e menti
se sorridi al cielo
cade d'un tratto
tutto il trucco.
Non è mai stato un mio cruccio
farti creder di non essere
quello che sono
so di essere,
ma non capisco di esistere.
Respiriamo a ritmo
con note tra i lobi
è come stare nel limbo
con gole piene di nodi
ci sono luci tra troppe vie
venero l'abbaglio tra le mie.
Ho sempre le tasche piene di sforzi
come un castello con mille incastri
non mi capisci se solo mi guardi
ti affievolisci se neanche ci tenti.

mercoledì 27 marzo 2013

Creuza de ma.

È come l'eterno ritorno dell'uguale, però ogni giorno, ogni momento, al tuo fianco come il cane da passeggio.
Ci stai proprio a braccetto.
Stai sereno, è solamente l'effetto del vivere dentro un mondo che non capisci.
Finisci per crederci, ti stupisci se ne esci, ma ci ricaschi, come il tossico cerca la sua dose.

Senza se e senza ma, è nella giungla della città che la tempesta si fa tiepida.
Credi, ma "Creuza de ma" è solo nella tua testa
Ho il treno come sogno, un posto e un bagaglio; il segno di un'aria da viaggio.
Piccoli paesi sulla schiena del globo.
Senza spiegazione la decisione non la prendo e mi fermo nello scorrere del giorno, sempre con lo sguardo verso il primo binario pronto.
Ma poi, sai com'è, le regole, le ore, i libri, le pagine, il contorno delle tappe ordinarie.
Mi avviluppo sul pensiero del pensiero del mio ritorno.
Ho solo tasche bucate con i minuti che scivolano dalle mani sbagliate.

domenica 17 marzo 2013

Firenze, 16 marzo.


150.000 persone. Firenze. XVIII giornata della memoria. memoria? Sì, per le vittime di Mafia. Ma tutte le Mafie. Anche quelle sottili, celate sotto i gesti di tutti i giorni. Corteo fatto di colori, sorrisi. Non uccidiamoli una seconda volt...a, dice don Ciotti. No. Non uccidiamoli una seconda volta. Siamo qui per non ucciderli una seconda volta, tutti i giorni, però. Tra le bandiere e gli striscioni ci sono i familiari delle vittime. Tra le bandiere e gli striscioni ci sono i ragazzi di Amunì. E che ragazzi. Poi ti giri e vedi tra la folla l'organizzatore del tuo campo di EstateLiberi. Un sardo doc. E vedi Nanda, Giorgina. Incontri Sofia e la sua sbadataggine. Becchi dopo ore di ricerca la Cami e Chiara. E d'un tratto tutto ha un senso. Ma questo, non ve lo posso raccontare.

sabato 9 marzo 2013

Disorder.

 
I've been waiting for a guide to come and take me by the hand,
Could these sensations make me feel the pleasures of a normal man?
 
 

These sensations barely interest me for another day,
I've got the spirit, lose the feeling, take the shock away.

sabato 16 febbraio 2013

Scaglie.

Il passo lento di due occhi stanchi, trascina un corpo, come un oggetto sfatto.
È un film in bianco e nero, senza regole precise, né trame tessute. Siamo solamente distanti e tocchiamo i nostri sguardi da lontano. Mille immagini si scagliano davanti, ma si rompono in pezzi di sogni. Due gambe slanciate, scarpe che vagano, trascinate da un incessante bisogno di movimento. Non sanno dove vanno, scoprono nuovi spazi, scrutano altri pavimenti piatti.
Una melodia precisa e sicura avanza. È malinconica, come un tramonto bevuto troppo in fretta, da soli sopra uno scoglio infinito. La testa ondeggia nell'aria della notte, un fumo denso esce dalle bocche e danza con le nuvole bianche. Un giorno sprecato, che cade dalle tasche del tempo, un altro tassello che scivola tra gli scarti della noia e siamo di nuovo con la nostra anima che viaggia in un corpo stranito. Piegati sui propri resti, come a fondersi in un respiro unico, una massa di piccoli desideri galleggia tra volti addormentati. Sorrisi che custodiscono pietre grezze e taglienti, ingoiate a piccoli pezzi, senza troppi sforzi. Così un pianeta ruota attorno a se stesso, con altre briciole di polveri che sfidano il buio. Ruota senza pietà e cerca il suo equilibrio. Saremo punti in lontananza senza legami stretti da abbracci infiniti, piccoli nei su braccia in perenne movimento.

giovedì 14 febbraio 2013

Altre città.

Forse siamo nati solo per guardarci da lontano. Senza aggrapparci alle pareti abbiamo raggiunto il punto più alto. Da qui guardiamo lo spettacolo del mondo e cerchiamo di ingoiare ogni piccolo gesto, ogni palazzo, ogni luce traballante. Da quassù vediamo le vostre anime che si incrociano e si scambiano due chiacchiere. C'è un tram che silenzioso si insinua tra le vostre vite e spezza il ritmo sincero del vostro vivere. Scorre senza pietà nel traffico di punta. Tu sei dentro e leggi un libro. Tu sei dentro e guardi il vuoto. Tu sei dentro e ti accarezzi il viso. Il finestrino riflette i vostri sguardi tesi. Aspettate il suo strisciare via per passare ad altre sponde, verso altri lidi, verso altre strade.
Ci guardiamo per un attimo, ma non ci conosceremo mai. Questo è il mistero della città. Incroci mille esistenze, senza incrociarne nessuna. Hai mille esperienza senza averne nessuna.

giovedì 7 febbraio 2013

Ricordo.


Abbiamo costruito tutto. La nostra vita ha quattro lettere in fila. Consonante vcale consonante vocale. È immensamente finto, prendi le lettere scuotile. I miei più bei ricordi non sono che finzioni. Immagino l'esistenza come una trafila infinita di dolore e gioia, ma non c'è, non esiste. Il tempo è tutto nell'orologio che scorre preciso. Senza un quadrante gli attimi si calpestano e scorrono come gli pare. Non c'è prima o dopo, non c'è ora, non c'è domani. L'unica certezza è quello che sto facendo in questo istante, ma ora è già passato ed è inghiottito nello scorrere delle vene silenziose. Ho un'infanzia immaginaria, un amico inesistente, un cervello che inganna e sto qui a vagare tra le strade. Le ho già viste, ma mai come sono. Ti ho già visto, ma non come sei.

domenica 3 febbraio 2013

Botte.

C'è chi si aggrappa mentre di noi resterà la polvere.

Stavamo correndo tra i vari quartieri scappavamo dai soliti segugi, quelli dell'altra barricata. Avevamo i muscoli sfaldati, ma non ti potevi fermare, non ora. Le nostre facce erano rigate dal sudore misto a lacrime. E dire che sembriamo dei duri, quando passiamo tra i pischelli e la gente comune. Inciampiamo, tutti nello stesso momento. Il ferro, cazzo, il ferro. A Gabro è caduto il ferro. Cazzo, piglialo, muoviti stronzo. Lo raccoglie e ripartiamo, una corsa infinita verso la vita, verso i sorrisi e cieli stellati. Noi abbracciati alla paura ogni notte, abbiamo anche desideri umani, quando non facciamo a botte. Arriviamo al ponte, il ponte. Ormai ci siamo a meno che non ci sgamino all'ultimo. Bella fratè, ci siamo. Oh, respira, respira. Prendi aria e scappa una risata, cazzo se ridiamo adesso. Anche 'sta volta è scampata regà, ce vediamo domani. Oh, no, mò aspetti, daje che ho ancora qualcosa, così te ne vai a letto contento. Ci guardiamo sfatti, l'assenso è nell'aria. Bella, ma fai veloce. Tira su come gli pare, senza regole. Oh, l'accendino? Tò, ma ridammelo stronzo. Ci immergiamo nel nostro mondo ancora una volta prima di tornar a recitare, ancora una volta prima di essere normali, basta un attimo. Magari è solo roba scadente, ma è il mondo, il nostro.
Ci dividiamo alla fine, ognuno con le proprie cuffie e con i propri gusti. Chi va verso le strade d'America, chi rincasa malinconico con Guccini tra i capelli, chi va a braccetto con la techno e chi esce pazzo con il Guè. Apriamo le porte delle nostre case e ci immergiamo sotto le coperte, ma non dormiamo, noi, non dormiamo mai.

mercoledì 30 gennaio 2013

Piromani.

Addio fottiti ma aspettami addio fottiti ma aspettami andiamo a vedere le luci della centrale elettrica andiamo a vedere i colori delle ciminiere dall'alto dei nostri elicotteri immaginari andiamo a dare fuoco ai tramonti e alle macchine parcheggiate male ad assaltare ancora i cieli a farci sconfiggere e finire sui telegiornali foto in bianco e nero delle nostre facce stravolte sui quotidiani locali andiamo a vedere i cantieri delle case popolari dai finestrini dei treni ad alta velocità trasformiamo questa città in un'altra cazzo di città andiamo a vedere le luci della centrale elettrica andiamo a vedere le luci della centrale a turbogas...

sabato 19 gennaio 2013

Sogno.

Alla fine ci ritroviamo sempre con la vita che ci scorre sotto i piedi, con una pistola alla tempia fisso, fisso la finestra.

Ho una bomba ad orologeria
tra lo sterno e il resto
non guardarmi fisso negli occhi
ho solo sogni sporchi
e se te li rivelo sbrocchi.
Sento ancora i rintocchi
è la fine senza speranza
navighiamo ancora un po'
in questa stanza
in questa peugeot
ho il cielo tatuato sulle braccia
ho bisogno di seguirlo
e stare zitta.
Cado in avanti sul marciapiede
ma sono nella città
senza luci.
Ho un'anatomia instabile
irrequieta come quella di un nomade
se ci resti capisci
strisci tra la gente
è una mente attenta al particolare
vende al miglior offerente
la stella polare.
Non ho ricordi in fila
solo burattini in mano
di un uomo qualunque
non scelgo di stare seduta
lo sono già tempo muta
il silenzio è attorno
quando mi sveglio, dormo
sogno o son desto, sogno
sogno
e ci resto.

Ti guardo in faccia e vedo me
è solo un riflesso non so perchè
dimmi che staremo ancora in piedi
dimmi che staremo ancora in piedi
ho le ginocchia che sbandano tra queste strade
non ritrovo il singolare volo
di un'anima libera
sono in prigionia
di una mente effimera.

Risveglio.

E a volte credo che tutto questo serva solo per ovattare le nostre teste, per fasciarle prima di cadere. È un mondo che non esiste, è finto tutto quello che ho intorno. Mi piace seguire il flusso, ma a volte mi accorgo di perder tempo. Voglio vivere, ora e quindi partirò.
Ho la testa tra vari inganni, ho una strada scolpita che non riesco a vedere e nel frattempo leggo libri e studio, vedo gente e rido. Come se stessi aspettando di vivere da un secolo e tutto quello che sto facendo è solo reiterare l'attesa. Mi sono spostata da quattro mura ad altre quattro mura, dove c'è gente in gamba per carità, ma son sempre quattro mura. Sembra di vivere, ma è solo un asilo nido. Mi sembra tutto protetto, da cuscini e ovatta. Esci dal portone e torni a lottare, ma la tua giornata se ne è andata lì, mangiando, scherzando, leggendo e non capendo. Voglio solo camminare, chiedo troppo?

venerdì 18 gennaio 2013

Siamo solo atomi.

"Siamo solo atomi, non cercatemi nemmeno" [Ferro Giant]

I nostri guai e le nostre follie, i nostri sogni e le nostre fantasie perdono identità con il corpo che diventa polvere. Abbiamo voglia solo di correre, senza umanità nell'aria, solo rincorrere un nuovo cielo, sempre sereno. Abbiamo le costellazioni al posto delle pupille, guardiamo i vostri volti e non vediamo un uomo, ma solo piccoli involucri.
Stiamo perdendo la presa sulle cose e sulle immagini.
Abbiamo volontà superiori da rispettare, senza poterci voltare.
Abbiamo spesso pensato di spezzare i legami, cambiare direzione senza nessuno attorno.
Noi e il mondo come contorno.
Non abbiamo mai abbastanza sensi per tutto questo.
Ci rivoltate a volte, un conato interno e folle.
Non vogliamo altri respiri attorno, occhi guardinghi senza morale.
Non sopportiamo l'assenza di risposte. Rifugiatevi nel vostro Dio, noi abbiamo solo briciole in mano, pezzi soli di piccole sensazioni.
Sbagliamo a pensare di vivere senza altre parole, senza altri cuori solitari, ma vogliamo sopravvivere nella giungla in modo diverso, non per questo più giusto. Il nostro modo, personale che non ci faccia perdere tra i nostri demoni.

domenica 13 gennaio 2013

Shine.

Cuffie che ovattano il mondo esterno, ci sei solo tu e il tuo respiro. Un uomo urla dentro, chiudi gli occhi e non c'è che una calma apparente. Siamo stati presi a pugni, abbiamo sorriso, siamo tra questi vicoli e cadiamo a terra, ma per la gioia.

Remember when you were young,
You shone like the sun.
Shine on you crazy diamond.

sabato 12 gennaio 2013

Venezia.

Siamo tra queste vie, anche se sbagliarei a chiamarle così. Calli, Martina, calli. Non siamo in noi, abbiamo troppi sapori a cui star dietro, non ci bastano gli occhi e il corpo si fa piccolo in questo universo. Entri nella storia di soppiatto, avendo paura di rompere tutto. Eppure sei lì, altre dimensioni, altre visioni. Tutto messo in piedi per garantire un grande pubblico, sempre presente. Eppure ti giri e respiri. L'acqua ti abbraccia anche col freddo. Troppo per berlo in un giorno, lo spettacolo. Sembran tutti poeti, anche quando parlano. Sono tutti più sereni se leggi il loro volto, tutti più calmi. Sembra un contorno fatto per l'uomo, ma che l'ha superato di gran lunga. Ormai è una realtà a sè, vive da sè e viaggia portandoti sul dorso. Di notte tutto si ferma. I canali sono silenziosi, ospitano solo barche stanche. La luce ocra illumina le case e non si scorge nemmeno un uomo. Come se d'un tratto tutti avessero abbandonato i loro lavori, le proprie famiglie e la città vuota si piega su sè stessa. Viaggiamo senza parlare, è lo spirito libero fatto a pareti, a campi, a rami. Siamo noi, senza parole, il buio ci inghiotte, ma è un compagno di sempre. La piazza è illuminata a giorno, altro che fiato spezzato, qua non bastiamo per comprendere tutto. Ti giri e sei sul mare e tutto riparte. Siamo senza sogni precisi, con bisogni eterni e ripetitivi, ma per un momento, ci dimentichiamo del mondo attorno e ci guardiamo.

Lunatici.

E vorrei starci ma ho merda tra i pensieri
anelli tra le dita e in testa buchi neri
mente nebulosa e la capoccia d'arenaria
ma se vivo nello spazio non posso campare d'aria
Non c'è suono in questo spazio e quindi brucio le adenoidi
cresci ma la via più breve non la trovi tra (a)steroidi
ora voglio alzarmi dalla terra e volare
occhi al cielo in cerca di una stella polare...



martedì 8 gennaio 2013

Baustelle.

Come sciogliere i nodi delle connessioni cerebrali con della musica. Malinconici Baustelle, Perfetti Baustelle.

Certe notti da nevrastenia
Da soffocare
Apro la finestra e volo via
(Si fa per dire)
Come la ginestra nata sulla pietra lavica
Mi vedo lottare
Come mosca nel bicchiere
Eppure Dio
Lo lascio fare


 
Stringimi le mani
Non è niente
La guerra passerà...

domenica 6 gennaio 2013

Vite.

Siamo individui
individuali che cercano
l'oblio nelle chiacchiere
inutili e di circostanza
siamo scogli in un unico mare
viviamo le nostre vite
in disparte
immersi nella moltitudine
abbiamo amici
e carezze
abbiamo nemici e pugni chiusi
dentro il nostro segreto
che non è che un pezzo di fiato
abbiamo gli occhi troppo aperti
in una realtà di luci e colori
abbaglianti.
Abbiamo i nostri mostri
senza sembianze
che dormono nel nostro
letto
che vivono la nostra vita.
Ma alla fine poco importa,
il singolo attimo
senza esitazione
vale più di mille fiere
e siamo senza ostacoli
in balia del vento.

venerdì 4 gennaio 2013

Città.

Sei una assente presenza
sempre presente in chi vaga senza meta
ruzzoliamo tra questi giardini
regoliamo i nostri destini
finisce che fai da te
sempre perché
son tutti a bravi
a starti accanto
quando il
meglio che puoi
dare
si svuota attorno
ma poi vedi che
se non va
non ce n'è
qua la città
grida e tace
ci sono mille
tracce di diverse vite
siamo vincolati alla nostra
origine
mi trovo bene
con la mia radice
ma vorrei fuggire
con l'orologio al polso
sempre in vista
ho solo bisogno del mio posto
anche se in salita.

martedì 1 gennaio 2013

Notte.


Sfatti?
mi chiedo in questo
silenzio rotto
dai tasti
e dai respiri
se mai darai risposta
al mio dilemma
scherma
la mia velleità
le mie velleità
le chiamano
futilità
allungo
il giorno
verso nuovi panorami
schiavi delle ore
delle pietre
un varco
allarga
il vento attraversa il corpo
ingrati
seppelliti
rinchiusi
comunicare non è più
nostra competenza
troviamo l'essenza nella tollerabilità
quindi
la nostra libertà
si ammala
segnata
gli anni gravano
le bestie si sfamano
acclamano
il loro nutrimento
il nostro tormento
non è che gioia
il nostro lamento
finirà per essere vita
abbiamo allontanato tutto
l'umanità
scivola da buste ingiallite
mite è il tuo sguardo
ridi
e piangi
come fosse l'ultimo.

Ammazzatevi, Gioia.


Ammazzatevi in un giorno di sole,
potrete finalmente gioire.
Le vene rimarranno vuote
e con loro finiranno i pensieri.
Liberate il vostro ultimo canto,
urlate senza alcun ostacolo.
Bucate la vostra pelle,
fumate le vostre canne,
finalmente sereno sarà il vostro volto.
Finite il giorno,
finite la notte,
le vostre ossa rotte
si ricomporranno.
Le vostre finte lotte,
termineranno.

Altre mete.


Queste strade in solitaria,
"Naive" risuona.
In alto lo sguardo
mi abbandono a clandestini desideri.
Una luce all'ultimo piano
calda questa atmosfera
Milano che si rivela
si schiude
rasserena l'inquietudine.

Immersi in questo cemento
respiriamo sprazzi di umanità.
A tratti immagino
altri risvolti
diversi propositi.

Vorrei comunicare
una necessità
ma la tua mente
è ormai rivolta ad altre mete.

Morte a scoppio.


Ti ho visto morire
ti ho visto piegarti su te stesso
bruciare le tappe
assaggiare il mondo
per poi rinchiuderti
assaporare il giorno
per poi voltarti.
pensare,
tacere
finire
distruggere.
una canzone nell'aria
danza
accarezza
l'ombra
della notte.
finisce il sonno
finisce il dubbio
alimenta il dramma
cancella il volto.
ondeggia sotto l'effetto
di qualche sostanza
un bicchiere
deposto
sul tuo tavolo
trascinati per questa
stanza,
finisciti,
perché
è già
sera.