domenica 30 dicembre 2012

Ali della Libertà.

 
Nelle vene inquietudine, basta una poesia
per volare via, cambiare latitudine
non farci l'abitudine, uscire da 'sto inferno
prima che il ferro si trasformi in ruggine
un pugile alle corde, non sono più abbastanza
lucido, forte per stare solo in stanza
lo spero di reprimerla l'ansia che accumulo
ma meno la comunico, più perdo la speranza


 angeli senza ali, sognamo sorrisi
 un po' meno artificiali, i demoni uccisi
 paradisi oltre atlantico oltre il rammarico
 oltre i visi color pallido e le crisi di panico
 e latito esanime tra le anime contorte
 che ridono in lacrime, che vivono la morte
 e non riescono a sfondare quelle fottute porte
 di un carcere mentale, con la chiave in cassaforte...

sabato 29 dicembre 2012

Respiro.

Sono parole a caso, prese tra un sonno e una veglia. Lettere in fila, soldati della notte. Il chiasso del mio silenzio è qui tra queste porte. Ho delle pareti personali che non fanno uscire che soffi inesperti, dentro c'è il tramonto che accoglie il cielo stellato, il legno di una barca che scricchiola, le cime che tremano e si tirano, un vecchio seduto coi baffi crespi. Forse non dovrei stare qua seduta, forse non dovrei. Ho l'incessante bisogno dell'abbraccio del porto, della città, del caos, del brulicare, della gente che vive. Respirando tutto entra, goccia per goccia, frammento per frammento. Forse non dovrei stare qua, non dovrei. Ho bisogno di case, strette intorno, vite che si incrociano e che stanno accanto. Ho il colore tra le palpebre, un giallo caldo, ma pensieroso, quasi malinconico. Balconi, chiese, strade, ciottoli, ghiaie. Ho un mondo quasi dipinto sulla pelle, vene che scorrono silenziose, desideri senza volto tatuati sulle gambe. Forse non dovrei stare qua. Ho uno zaino sulle spalle, con dentro tutto quello da cui volevo scappare. Ho tra le mani la verità del cammino, la vedo lì, nascosta alla vista, ma lo sappiamo tutti il motivo. Le ginocchia tremano, non reggono tutti questi visi, colori, stupori, tutte queste preghiere, litanie, voglie. Ho incrociato lo sguardo un giorno di un paio di retine, ho aperto i polmoni e devo ancora smettere di respirare. Ho legato i miei grovigli a quelli degli altri, a quelli dei marciapiedi a quelli dei sassi. È pieno di scale qua, tutto un gradino. Ho sceso dandoti il braccio milioni di scale. È tutto lì, tutto altrove. Forse non dovrei stare qua, forse non dovrei. Ho cercato, ho cercato, l'impossibile è tra le mie braccia, mi volto è c'è una piazza, arancione tra le pareti, respiro e credo.


Fly With Me.

                                                                  
                                                                    Dub Fx, il genio.
 

venerdì 28 dicembre 2012

La fine.

 "[...] Io non credo che tu molli perché sei convinto delle cose che dici. No, no... Credo che tu te ne voglia convincere, perché molli. Tu vuoi che ti dia ragione, tu vuoi sentirmi dire: "Sì, sì... sì! Quant'è vero! Qui è tutto un casino, questo è un mondo di merda, dovremmo tutti andare a vivere in una foresta sugli alberi. E invece no! Io questo non te lo dico. Io non ti do ragione. Non sono d'accordo. Neanche volendolo!" (Se7en)



                  finisco per farmi solo il sangue amaro ero ignaro e ora capisco più del necessario

Bong.

Tu non immagini...Immagino cosa? Per te il mondo è tutto rose e fiori. Insomma scuola, casa, lavoro, vacanze, sorrisi, regali, litigi, pace, lallalero. E se anche fosse? Non so...tu guardi solo una faccia della medaglia, quella lucidata, quella nuova. E tu solo l'altra, quella sporca, disfatta. La fai facile...No, generalizzi a caso, come se fossimo ignorantelli da strapazzo. No, dico solo che non immagini, ed è vero. Vai a scuola e vedi i tuoi ragazzi, lì sui banchi. Qualcuno è scazzato, altri sono attenti con le antenne alzate, altri sono attenti, ma senza antenne. Qualcuno scarabocchia, altri...altri..Altri? No, pensavo. Altri, cosa? No, non immagini. Sembra che ti sei dimenticato l'adolescenza, questo dicono 'sti ragazzi. E poi? E poi nulla, le solite stronzate. Ma almeno le vedi le loro facce? Dico, vai oltre i quaderni e le parole stampate sui libri? Certo! Certo, ne sei sicuro? Son stato giovane, ho fatte anche io le mie cazzate, ho amato, ho odiato e sono ripartito. No, ma dico...tu lo vedi il mondo attorno adesso, no? Sì, certo. Ok, a posto. Piazzati una di quelle canzoni, quelle che non sopporti. Non il tuo rock n' roll, non il blues, un po' di sano hip hop, del rap sincero. E? Ascolta, prendi le parole e ficcatele nel cervello. Anche se neghi, questo è il mondo. Poi non dico sia bello o brutto. Non lo sto definendo. Dico, fatti un giro qu,a tra gli inferi e i paradisi. Dico svegliati. Che vuoi da me? Nulla, sono solo...solo. E dico, anche se ho questa faccia da schiaffi, mi tiro su cannettine durante le ore di scuola e penso solo al prossimo viaggio ad Amsterdam, dico, bom!, una pacca sulla spalla non è che la odierei. Certo poi mi volterei e mi piazzerei le cuffie nelle orecchie, come sempre, però vuoi mettere la differenza?!

Mummie.

Hai una lunghezza massima di quarantacinque centimetri, sbavi, piangi e ti cachi addosso. Tua nonna pazientemente ti prende su, ti prende un panno e te lo fissa alla vita e via dicendo. Passano anni, nel frattempo, e ora hai una lunghezza massima di un metro e sessantotto, non sbavi, non piangi (o forse sì?) e non ti cachi addosso. Tua nonna pazientemente si tira su, le prendi un panno, se lo fissa in vita e via dicendo.

Sonni Boi.



"Sonni Boi ha disegnato sulle braccia la mappa delle stelle.
Di notte va a caccia e con il cavallo raccoglie chi si è perduto.
Anch'io quante volte da bambino ho chiesto aiuto
quante volte da solo mi sono perduto
quante volte ho pianto e sono caduto
guardando le stelle ho chiesto di capire
come entrare nel mondo dei grandi senza paura, paura di morire."

Bam.

giovedì 27 dicembre 2012

Piedi.

Siamo qui a pensare, parliamo mentre lo facciamo. Ideiamo, costruiamo altissimi castelli che poi con un soffio crollano e ripartiamo da capo.
Dobbiamo prendere decisioni, scelte, l'una nega l'altra. Viviamo di ipotesi tutti i giorni.
Tra un caffè caldo e un succo. È sempre un' ipotesi. Ci grattiamo il naso, sì tutti insieme, qualche sbadiglio solitario e si riparte a pensare. Non è tremendamente logorante, è solo noioso. A volte ci si sente un po' in balia degli eventi, come precari, ma poi tutto torna come prima, cioè sempre in balia degli eventi, in effetti.
Camminiamo, salutiamo persone, camminiamo e non salutiamo persone. Compriamo una bottiglia d'acqua al bar, 1 euro. Grandi emozioni riserva la nostra giornata. È l'ipotesi che ci salva dalla monotonia. Soprattutto in questi periodi di grandi cambiamenti. Dobbiamo scegliere a che facoltà andare, cosa frequentare, a cosa dedicarsi. Sembra che tutta la vita dipenda da questo, poi svolti l'angolo e nemmeno sanno come ti chiami, in che sedie ti sei seduto e in che bagni caghi.
Si tratta, forse, solo di una nuova avventura.
Abbiamo paura di devastare i nostri precedenti percorsi e con un colpo di spugna cancellare tutto. Forse è troppo, è esagerato. Abbiamo paura che tutto dipenderà dalle ipotesi in ballo.
Ma poi il gelato costa sempre sui due euro e alla fine si può fare, dico stracciatella e pistacchio.
Siamo equilibristi sulle strisce, attraversiamo la città seguendo il ritmo dei semafori.
Siamo immersi tra le idee degli abitanti, dei pendolari, dei fricchettoni, degli avvocati, dei riccastri, dei poveri in canna.
Poi esci dal cemento, ti immergi in altri luoghi, magari in altre città e nulla ha più troppo significato.
Obiettivo principale: mangiare e dormire, stare discretamente bene.
Forse in questo modo i nostri nodi si sciolgono, le nostre paturnie si gelano, i nostri timori trovano una nuova dimensione e alla fine non sembra così difficile.
Cioè non che non lo sia, ma molto meno di quanto solitamente appaia.


L'albatro.

Tra Baudelaire, Marracash, Rancore e Dargen. Un pò Barona, un pò Francia. Un gioiellino dell'hip hop. Un tuffo nella nostra dimensione.

 
Ma che lusso è il cielo notturno quando è bussola dei miei viaggi.

Solo vinti al tuo cospetto - cazzatine di anni passati.

Schermo intatto
tutto franato
il mondo accanto
ancora qui
fisso
nel mio abisso
mi inserisco
portiamo avanti
il nostro circolo.
Ancora
non risplende
questo solitario
vicolo.
Sfioriamo
i nostri occhi
mostriamo
solo ritocchi
delle nostre
identità
solo false
testimonianze
di una vita
che non va
gli arti rispondono
solo perchè
c'è un pò di vento
qua intorno.
Mi ricordi il soffio,
ma un vuoto misterioso
lasci attorno
e
chi più può deciderlo?
chi ancora non è in pericolo?
ti fissero in eterno
è un gioco
che
non ha fine
non ha vincitore
solo vinti
al tuo cospetto.

Sky and Sand.


Precisa colonna sonora per 'sto diarietto dei segreti (sole, cuore, amoreee).

"In the night time
when the world is at it's rest
you will find me
in the place I know the best
dancin', shoutin'
flyin' to the moon
(you) don't have to worry
'cause I'll be come back soon..."

Luci.

Arbitrare partite
senza che l'arbitrio sia libero
perché l'unico gioco
che sai è quello che stai vivendo

Strano girarsi
e scoprirsi diversi
come estranei in un corpo
che ora abiti al meglio

è la stessa vittoria o la stessa sconfitta
nessuno
dà un valore a questa tua vita

avremmo voluto ispezionare
altri pavimenti
o altri cieli
ma siamo qua seduti
nonostante ancora ci speri

sperperare attimi
sono le tasche bucate dei miei giorni
uno alla volta
apparentemente accade lentamente
ma la mente fa vibrare
queste luci indifferentemente.

mercoledì 26 dicembre 2012

Lahar Magazine.

Incontri una persona che ne conosce un'altra e un'altra ancora. L'ultima che vi dicevo ne conosce altre tre o quattro. Insomma una funzione infinita. Punti che si legano ad altri punti. Una sottile rete che a volte ha dei piccoli nodi. Gli sguardi si incrociano e via altri miracoli. Che storia è? Nessuna. è solo un ritmo di vite che creano e si disperdono nell'aria. Tra queste righe non c'è che una testa che frulla e che in realtà non sa bene che dire. Qualche passione e molti dubbi. Un pò come loro o forse no.
Loro? Loro chi?

 
 
 
 

Milano by night.

Milano di notte ti parla anche se non vuole. Ti aggrappi alle finestre e ti tuffi in vari mondi e varie storie. Acceleri e pensi che sei nel momento giusto al posto giusto, non sai cosa voglia dire giusto, ma il senso è quello. La tua faccia stanca si rilassa, tutto è armonico e fai parte del giro e quindi sei in gioco. Non c'è quasi nessuno, il buio si può toccare, ti passa pure accanto. Ma è come una tana, un rifugio. Con o senza parole a Milano si può stare. Basta stare in silenzio e respiri. Diventi l'asfalto, i mattoni, i marciapiedi, i balconi. Tu sei tutto e niente. Ma non importa chi sei o cosa fai nella vita, sei lì e questo è quello che conta. Fai parte di qualcosa che nessuno sa cosa sia. Siamo noi alla fine. Abbiamo costruito castelli, ma non abbiamo dimenticato che sono di sabbia. Sotto ci siamo ancora noi. Ribelli e incantati, indaffarati e inermi. Siamo sempre noi, qui.

lunedì 24 dicembre 2012

Einzlkind.

Questo è quello che sono. Senza maschere, ma neppure identità. Tutto ciò che traspare si incolla sulla mia pelle, mi plasma e si addormenta al mio fianco. Attraverso qualche parola do forma alle paure, ai sorrisi, alle atmosfere. Non sempre il gioco viene bene, ma non è importante. Quello che conta è svuotare il contenitore che a volte è troppo appesantito. Così la sera possiamo poggiare sul comodino tutte queste esperienze e emozioni. Spegnamo la luce e solleviamo i pensieri.


Il Volo.

è in momenti come questi, sì, ma quali momenti? è in momenti come questi che la città si apre a te. Non sappiamo usare troppi romanticismi e quindi ci ribelliamo al sentimento che si ingrossa e galoppa lì tra il torace e lo stomaco. Hanno pure dei luoghi i sentimenti. Ma basta parole strausate e stropicciate. Abbiamo voglia di una boccata d'aria, di un pò di condensa che esce vibrando dalle nostre labbra. Abbiamo incrociato i nostri sguardi, ma solo noi soli siamo gli sconfitti. Vaghiamo cercando di sostituire ricordi con altri ricordi, con altri ricordi e così via. Sembriamo attoniti di fronte a questo spettacolo, come davanti ad uno schermo spento. è un volo senza sicura, senza paracadute, senza. Abbiamo la scarpata a mezzo centimetro, l'abbiamo superata, ora siamo noi la scarpata. Ci siamo dentro, fino al collo. Vedete le nostre teste? No? Allora ormai stiamo volando senza un orizzonte a vista,abbiamo troppi palazzi che ci separano dall'unica cosa che desideriamo. E ancora palazzi. Mille vite tra di noi, mille storie, troppe parole, troppi silenzi. La città è infinita o così appare. è sempre un'isola tra le isole, ma è troppo piena, eppure così silenziosa la notte. Tutti orizzontalmente distribuiti, i pensieri escono dalle orecchie e si spalmano sul cuscino. Fremiamo tutti di giorno, ci guardiamo, ridiamo. La sera siamo soli e accarezziamo le nostre paure. Il tramonto è il sublime, si manifesta in un infinitesimo uno spettacolo troppo grande; anche le parole si piegano e si zittiscono. E noi siamo lì colmi di tutto, esageratamente colmi. Giriamo lo sguardo e scopriamo la notte che rimbocca le coperte alle giornate trascorse.

Sui nostri passi.

Abbiamo visto un pezzo di cielo e siamo crollati. Abbiamo sentito una canzone e siamo stati travolti dal suo calore. Come se fossimo noi stessi, per la prima volta, vivi. Capitiamo e siamo presenti in un unico universo finalmente con un senso. Abbiamo scavalcato i tornelli delle metropolitane per iniziare a correre, respirare e correre. Le luci entravano nei nostri corpi attraverso le nostre retine. Un abbaglio, un orgasmo di colori. Tutto diventava offuscato, senza distinzione tra la porta e le finestre, i mattoni e le persiane. Il cemento sorregge l'animo che corre e parte per i suoi viaggi solitari tra questi turbinii di emozioni. Le auto continuano imperterrite a scorrere, ma nessuno guarda i loro volti. Siamo tutti qui ad inebriarci di sensazioni. Reattivi come non mai, fuggiamo dalla fissità delle giornate e proviamo a toccare le vite di tutti. Le vie della città sembrano canali per far fluire i pensieri; accolgono qualunque paturnia e la trasformano in desiderio. Con queste gambe percorriamo angoli remoti, vie poco illuminate, ritagli di storia. Una piazza poco battuta è il rifugio nella giornata. Un boccone con la testa in aria vale più di tante parole. E siamo lì, con le spalle al muro, ma che volgiamo il nostro sguardo al cielo, come anime perdute voliamo e sentiamo l'aria tra i capelli che solleva i nostri dubbi. Nulla ha più senso. Le regole, le credenze, le ideologie, le prudenze. Nulla si oppone al libero sguardo di noi, viaggiatori della notte. Viviamo nello stesso contesto, cercando di ribellarci al brodo scaldato. Ma poi siamo qui stanchi, appoggiati ad un muro e sudiamo. Non sappiamo nemmeno cosa intendevamo, ma siamo sicuri di avere sete di libertà. Non sappiamo nemmeno cosa implichi, ma vogliamo essere liberi. E forse non lo saremo mai. Vogliamo solo scappare? Finiremo con l'ombrellone al mare? Non lo speriamo, ma usufruiamo del giorno al modo di tutti e di nuovo ci prende quell'immancabile sonno e siamo di nuovo sereni.

domenica 23 dicembre 2012

Biciclette.

"Abbiamo passato anni ad inseguire un'idea, come un contorno senza sostanza. Mi dicevi che non siamo isole, ma io non ti credo."

Correvamo in città con le nostre biciclette, guardavamo il cielo senza nuvole, respiravamo l'aria carica di smog che sembrava gridasse prinicipi di libertà. Eravamo mille persone, forse cento o forse una sola. Con della musica nelle orecchie tutto sembrava perfetto, tutto era senza tempo tutto secondo il proprio desiderio. Qualche buca sulla strada faceva vibrare i telai, le catene come sonagli nel buio della città, ci facevamo riconscere con la nostra faccia pulita o sporca, ora non saprei dire. Rincorrevamo idee, l'idea che gli altri avevano di noi, l'idea che ci eravamo fatti su noi stessi, l'idea di amore, di felicità, di rabbia e di vita. Nelle vie sfrecciavamo come proiettili, poi rallentavamo a seconda dei pensieri che frullavano in testa. Seguivamo come un flusso e la nostra velocità era la rappresentazione del nostro stato d'animo. Era sempre estate, o così credevamo, era sempre ora di partire anche se poi rimanevamo alla stessa panchina, allo stesso parco, allo stesso posto ogni sera. Ripartiva verso settembre l'anno scolastico e giù a penare. L'unica distrazione era lo sberleffo o lo scherzo in compagnia, quello tra i banchi, tra gli amici di tutti i giornitra quelle luci al neon e le sedie disfatte. Però ognuno cullava il proprio pensiero solitario, tra equazioni, lettere, versioni. E poi tornava la voglia di evadere, vivere senza confini, senza fissazioni e termini di consegna. Qualcuno immaginava spiagge immacolate lontane, o neanche troppo. Case colorate a picco sul mare. Un treno qualunque, il primo treno possibile, così si scappa dal cemento e anche dalle proprie paturnie. Ma sono solo idee, la realtà lascia nude le persone senza mezzi.
Alla fine le esperienze si facevano comunque, volenti o nolenti. Si può stare fermi su una sedia per un pò di tempo, ma la vita continua a scorrerti sotto i piedi e quindi si deve reagire; prendi fiato e riparti, come sempre. Si facevano viaggi, reali, ma poi si tornava sempre al punto di partenza.
Nelle stesse vie, negli stessi edifici, negli stessi recinti. Con le stesse persone, con le stesse facce, con gli stessi orari. E si ascoltavano canzoni con il cuscino che faceva da schienale, con i sogni che si intrecciavano alle paure e così si dormiva di nuovo.
Passeggiavamo tutti sullo stesso suolo, con le stesse scarpe, ma a cosa corrisponde un passo non lo sapeva nessuno. Ognuno percorreva diverse strade con la propria mente, ognuno diverse peripezie. Ci incontravamo la sera, senza parlarci davvero, si rideva, si scherzava, si rilassava la testa, ma nessuno si confidava, si liberava. Sembravamo senza meta, senza desideri,solo libertà tra i nostri deliri. Qualche volta si riusciva ad organizzare una intensa esperienza, poi sempre lì al parco con un piccola birra.
Le vite si dividevano per poi intrecciarsi di nuovo e così via.
Tutti con le stesse biciclette, riprendevano fiato, correvano come se dovessero scappare, poi si fermavano al semaforo e tutto tornava normale. Tra le varie teste c'era chi si stava perdendo, tra amori e desideri di ebrezza, chi voleva cambiare il mondo, chi voleva semplicemente cambiare pantaloni. Le biciclette sfrecciavano e continuavano ad andare, qualcuno rimaneva indietro, qualcuno cambiava direzione.
Si guardavano in faccia senza vedersi, a volte di mezzo c'erano screzi, a volte scazzi o solo semplici sorrisi. Volevano tutti far parte del mondo, tutti stare bene in questo mondo. Volevano tutti comprarsi il mondo, volevano tutti distruggere il mondo. Ma poi si andava in bagno e si tirava lo sciacquone.
Qualcuno per scappare volava in discoteca, con la musica a palla i pensieri si dissolvono, diventano un grumo unico e se ne vanno. Altri volavano come sapevano fare, sempre con la propria bicicletta, altri fumando e a ritmo espellendo la merda. Qualcuno si immergeva sotto la doccia e qualcun'altro semplicemente passava un tocco di mascara sulle ciglia.
Era come se la realtà avesse a sua volta piccoli gruppi e noi avevamo il nostro. Quasi ermeticamente chiuso agli altri, ogni tanto qualche parola scappava e l'animo era più libero o solo più rabbioso. Ma poi la realtà qual era? nessuno capiva nulla e al posto di sforzarsi ci si abbandonava allo scorrere del calendario e tutti sono più contenti.
E poi? Si forse si voleva un poi, ma cosa eravamo se non punti alla deriva? Non si trattava di pessimismo, era solo uno stato d'animo quasi di incertezza, impalpabile e leggero. Nessuno sapeva cosa passava nelle nostre menti e chi provava a descriverlo peccava spesso di superficialità. Nessuno può raggiungere l'inerno di questi corpi, nemmeno cercando di manipolare i loro costumi o i loro usi.
C'era chi si sentiva in trappola e chi aveva trovato la propria piccola strada, c'era chi si innamorava e soffriva e c'era chi soffriva e basta. C'era chi non capiva e c'era chi rideva rideva a crepapelle e poi piangeva, ma pur sempre ridendo.