mercoledì 1 aprile 2015

Latte versato

Volevo attraversare quel parco senza pensare, senza inondarmi l'anima di frasi e proseguire in bicicletta senza remore, così seguendo il moto delle ruote e del fruscio dell'aria tra i capelli.
Fresco di bucato sta lì, la giacca marrone. Mi fissa, tipo concedendomi un po' di compassione, ma stando severa sulle sue. È solo un attimo, di quella follia quasi impercettibile. Non so nemmeno perchè sto scrivendo, se per liberarmi o far andare le mani, così rapide e ligie su una tastiera sgangherata. Sapete, non pensavo ci si potesse accorgere di attimi passati e guardarli così bene da lontano. Stoppando col telecomando ed analizzando la scena. Tipo com'era messo quello, dove stava seduto l'altro, come si grattava la testa la tipa accanto. E io cosa dicevo? Cosa dicevo? Come agivo? Non mi piace passare in rassegna le stupidaggini, eppure ne ho fatte. E forse sono le uniche che passo davvero in rassegna, quasi godendo della mia bravura a toppare. Ed ora il momento melenso della chitarra d'accompagnamento. Non piangiamoci, dunque, sopra questo latte appena versato.
E mi dicono di no. Eppure lo vedo ovunque. Sì, quel gesto di menefreghismo verso le cose che non vorrei mai avere. Verso le persone che popolano le strade e le vie del palazzo.

Questa frase non aveva senso.