venerdì 10 maggio 2013

Eppur si muove.

Ho agguantato i battiti che si sviscerano nel tempo; più ne prendo più ne perdo. Penso che qua sia troppo svelto il cielo che corre con le nuvole in groppa. Porta pioggia, ma domani intravedo la svolta. Se mi armassi fino ai denti sarei quasi uno squalo negli oceani, ma spunto tra i cespugli, con le orecchie abbassate e le fronti sudate. Mi infilo tra i vicoli, sono timidi, provocano brividi alterni, come enigmi mi diverto a risolverli. Ho aperto varie porte, l'importante è trovarsi davanti sempre nuovi orizzonti. Mi scaldo con il raggio che balza fuori dal gruppo. Mi trucco per nascondermi e confonderti. Proverbi tra le mani, bisbigli nelle cuffie, compresse nelle tasche. Chimicamente determinato l'afflato e il respiro. Ricreo la stessa situazione, al rallentatore, per vederla bene, sempre uguale. Comprendo tutto vedendo quel volto. Gli sorrido ma è già stravolto. Ho un sorriso nel portafoglio, me lo tengo stretto. Camminando sul marciapiede, accanto alla strada senza regole, mi affaccio sulle varie vie e sulle varie vite. Follie senza manuali, non abbiamo dizionari per capire i nostri pari. Paghiamo prezzi piuttosto cari per i sicari della monotonia. Andiamo via senza fuggire, restiamo senza partire. Agguantiamo tra le mille pile, in comode file, il nostro fienile con porcile e fucile. Mi prendo il giornale, mi siedo all'imbrunire e tutto è fermo, immobile “eppur si muove”.

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