giovedì 27 dicembre 2012

Piedi.

Siamo qui a pensare, parliamo mentre lo facciamo. Ideiamo, costruiamo altissimi castelli che poi con un soffio crollano e ripartiamo da capo.
Dobbiamo prendere decisioni, scelte, l'una nega l'altra. Viviamo di ipotesi tutti i giorni.
Tra un caffè caldo e un succo. È sempre un' ipotesi. Ci grattiamo il naso, sì tutti insieme, qualche sbadiglio solitario e si riparte a pensare. Non è tremendamente logorante, è solo noioso. A volte ci si sente un po' in balia degli eventi, come precari, ma poi tutto torna come prima, cioè sempre in balia degli eventi, in effetti.
Camminiamo, salutiamo persone, camminiamo e non salutiamo persone. Compriamo una bottiglia d'acqua al bar, 1 euro. Grandi emozioni riserva la nostra giornata. È l'ipotesi che ci salva dalla monotonia. Soprattutto in questi periodi di grandi cambiamenti. Dobbiamo scegliere a che facoltà andare, cosa frequentare, a cosa dedicarsi. Sembra che tutta la vita dipenda da questo, poi svolti l'angolo e nemmeno sanno come ti chiami, in che sedie ti sei seduto e in che bagni caghi.
Si tratta, forse, solo di una nuova avventura.
Abbiamo paura di devastare i nostri precedenti percorsi e con un colpo di spugna cancellare tutto. Forse è troppo, è esagerato. Abbiamo paura che tutto dipenderà dalle ipotesi in ballo.
Ma poi il gelato costa sempre sui due euro e alla fine si può fare, dico stracciatella e pistacchio.
Siamo equilibristi sulle strisce, attraversiamo la città seguendo il ritmo dei semafori.
Siamo immersi tra le idee degli abitanti, dei pendolari, dei fricchettoni, degli avvocati, dei riccastri, dei poveri in canna.
Poi esci dal cemento, ti immergi in altri luoghi, magari in altre città e nulla ha più troppo significato.
Obiettivo principale: mangiare e dormire, stare discretamente bene.
Forse in questo modo i nostri nodi si sciolgono, le nostre paturnie si gelano, i nostri timori trovano una nuova dimensione e alla fine non sembra così difficile.
Cioè non che non lo sia, ma molto meno di quanto solitamente appaia.


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