Momenti di attesa indifesa sul vagone
che vaga avanti e indietro. Nel retro del mondo sepolto in questo
plasmarsi di vite. Gente legge, ascolta, parla. Parallelamente la
vita scorre per ognuno nel proprio verso. Torniamo a casa dividendo
queste molecole che si muovono solitarie. Un monolocale, una villa,
un seminterrato. Piano rialzato nel centro città, periferia acuta,
zone sconosciute. Macchine, pullman, genitori e pazienti, viaggiatori
e perdenti. Tutti nello stesso spazio a condividere momenti di
attesa. Spesa così l'esistenza si ammoscia, ma scrosta l'apatia dal
guscio. Risorge il gusto del dettaglio. Scorge il fruscio del
condizionatore rotto. Apre la porta, scende, corre. Perde il treno,
bestemmia, biascica qualche parola. Cede il posto, lo prende, si
siede. Aspetta. Sprezzante dei pericoli, la vulnerabilità se ne va
su queste scarpe conciate male. Una pubblicità indiscreta ti guarda.
Giudica l'operato della giornata. Faziosità nell'aria, rimbambiti da
volghi dispersi. Inerti, sugli scalini. Hanno uno sguardo curioso,
quasi una morbosità assillante. Sempre di spalle, sarò sempre di
spalle. Non voglio ignorarti, ma scolpire in memoria quest'immagine
fioca. Fiorirà ancora, l'interesse per il prossimo. Fossimo
stranieri e incensurati. Ma siamo solo schiavi inebriati. La passione
sgorga, sfiora le palpebre e le parole. Attorno a questo tavolo
finiremo per litigare. Grave la voce e sottile. Frange di speranza
labile seguono il ritmo febbrile. Scale mobili vacillano e portano
corpi appoggiati. Cimici sul manto stradale, cimici in macchina,
cimici in casa.
Torneremo sui nostri passi e tutto sarà
come prima. E nulla sarà come prima.