venerdì 21 novembre 2014

orizzonte

Io sono qui
ma nessuno ascolta
forse il nulla esorta
storta la luna
una storia da scrivere
l'orizzonte
sopra il mondo
scrive le sue
parole
senza fine.

martedì 21 ottobre 2014

Allitterazione

La tua mente è fragile, agile. Fragranze tragiche di queste notti magiche. Respira, evira; taglia questa paranoia che si incastra tra gli strati di 'sta testa. Fresca l'aria fuori, attento ai clamori, non stiamo sugli allori e allora all'ora quanto carburi? Determinati in questa città, dritta la direzione, me la dice tutta sto gps un po' allampanato. Nato tra le radure. Scoppia la testa, colpa di 'ste arsure. Sicuramente trentaquattro gradi, fuori piove, sangue nelle vene che pompa. La cassa dietro ti frastorna, fra tornado in questa cavità del mondo. Un nodo in gola, l'ago che attraversa la pelle appena bagnata. A penna trascrivo questi svarioni in piena notte, troppe le botte ricevute; sembra un ring altro che paracadute. Pacate le signore sui viali, si sono scordate delle pene dei cari. Restano stanche, solo affossate dai drammi dei telegiornali. Te le giri le navi, le passi in rassegna le varie cabine? I ponti con l'acqua di mare sulle pupille, i passi a segno su questo pontile. Poni le mani sopra la ressa, spandi nel cielo la tua richiesta, spargi inchiostro nella tempesta, resta attaccato alla finestra. Guardo il contorno dello spazio attorno, torno sui dettagli, abbagli, piccoli intagli su questa superficie. Particolari nascosti, intrecci composti, composti i nostri sguardi, tireremo avanti, abbracciamoci perché si fa tardi.

giovedì 9 ottobre 2014

Come prima

Momenti di attesa indifesa sul vagone che vaga avanti e indietro. Nel retro del mondo sepolto in questo plasmarsi di vite. Gente legge, ascolta, parla. Parallelamente la vita scorre per ognuno nel proprio verso. Torniamo a casa dividendo queste molecole che si muovono solitarie. Un monolocale, una villa, un seminterrato. Piano rialzato nel centro città, periferia acuta, zone sconosciute. Macchine, pullman, genitori e pazienti, viaggiatori e perdenti. Tutti nello stesso spazio a condividere momenti di attesa. Spesa così l'esistenza si ammoscia, ma scrosta l'apatia dal guscio. Risorge il gusto del dettaglio. Scorge il fruscio del condizionatore rotto. Apre la porta, scende, corre. Perde il treno, bestemmia, biascica qualche parola. Cede il posto, lo prende, si siede. Aspetta. Sprezzante dei pericoli, la vulnerabilità se ne va su queste scarpe conciate male. Una pubblicità indiscreta ti guarda. Giudica l'operato della giornata. Faziosità nell'aria, rimbambiti da volghi dispersi. Inerti, sugli scalini. Hanno uno sguardo curioso, quasi una morbosità assillante. Sempre di spalle, sarò sempre di spalle. Non voglio ignorarti, ma scolpire in memoria quest'immagine fioca. Fiorirà ancora, l'interesse per il prossimo. Fossimo stranieri e incensurati. Ma siamo solo schiavi inebriati. La passione sgorga, sfiora le palpebre e le parole. Attorno a questo tavolo finiremo per litigare. Grave la voce e sottile. Frange di speranza labile seguono il ritmo febbrile. Scale mobili vacillano e portano corpi appoggiati. Cimici sul manto stradale, cimici in macchina, cimici in casa.
Torneremo sui nostri passi e tutto sarà come prima. E nulla sarà come prima.

mercoledì 8 ottobre 2014

Oltre la siepe

Siamo senza sosta dei giganti nell'aria senza meta. Metà della specie distrutta per la nostra disparità. Diogene direbbe che siamo pazzi incalliti, cani vigili dall'essenza inutile. Ignobile l'esistenza di chi a raffica cerca la sobrietà, sopra la media, l'alterità oltre l'inedia. Immensa certezza che si staglia sopra la brezza di questa città. In cattività come bestie nel mondo, inondo con frasi senza senso questo pomeriggio eterno. Ho sempre voluto un punto fermo nel divenire del giorno, torno inevitabilmente all'inizio. Uno scalino dopo l'altro, correndo con poco fiato. Mi accordo dell'esatto momento in cui mi volto. Intorno un campo sterminato di verità sepolte, stronze queste realtà tolgono fiato. Rinato il polso, torna a battere. Zattere in questo mare agitato, onde si infrangono nell'ora di punta. La folla avanza, la fila sbotta. Sono qua con una rotta distorta, aperta alle interpretazioni e all'esitazione. Esistono flebili momenti di intimità. Tra me e me respiro e trattengo un sorriso. Guardo con gli occhi di chi non ha niente da dire, ascolto il parlare senza gioire. Armeggio con pratiche di vita, vitalità infinita. Correre in questo spazio smunto che sembra un immenso travaglio. Verrebbe da distogliere lo sguardo, tutti appresso al proprio sbaglio e al proprio sogno. Avrei voluto conoscervi, ma non mi interessa sporgermi oltre questa recinzione. Sto qua e vago, verto verso strade diverse. Sarà un piacere incontrarsi oltre la siepe.

domenica 25 maggio 2014

meta

Ubriachi di vita
non più da tempo
odore di palazzi bagnati
da queste piogge d'estate
spiriti che aleggiano sulle teste
di questi uomini soli
credete che ci sia soluzione
l'evoluzione della specie smette con me
finisce il suo corso
è il dorso del mondo
che si rivolge al suo sorriso
malinconico e cattivo
perchè sei così serio?
Le cicatrici
guarda le cicatrici
flessibili e malleabili
freddi sguardi
senza età
cosa guardi
credi di poterti temprare con le croci
nati con corone di spine
senza religioni e senza parole.
Vorremmo credere in qualcosa,
c'è il nulla nelle narici di queste persone
incredule per l'avvenire così statico
queste ossa così fragili
che vorrebbero correre in questi nidi
di avvoltoi
avvolti in lembi di tessuti
ricamerò queste storie
in un tappeto di memoria
un viaggio senza meta
a metà tra la morte e lo stupore.

lunedì 19 maggio 2014

Call it.

Vene sbiadite nel tempo
argomenti inutili per circoscrivere un momento
credenze in affitto
respiri che sono spezzati dalla nascita
una strada due strade tre strade

una strada.

lunedì 21 aprile 2014

Striscia

Giriamo sulle stesse note. Mani sul volante, occhi fermi, canali di radio che gracchiano al buio della strada. Facili ironie, facce stanche; forse ci sono un po' troppi cuori solitari in queste auto sparpagliate in città. Viaggi tra i ricordi senza uscirne sani, spirali di volti tutti diversi, non troppo distanti, ma senza voce per esprimersi, senza corde per parlare. Non c'è aria sotto i piedi e si corre per non capire, un po' di vento che rintocca e rimbomba. Trabocca dalle orecchie e sfila una smorfia quasi serena, non una piega in questa realtà, forse troppe grinze.

venerdì 28 marzo 2014

Banda di Babbuini

sei come un'esca per rincoglioniti
voci nella testa senza radici
fingi indifferenza e briciole di felicità
artrosi delle mandibole e di occhi spenti
spogli alberi poco sinuosi in questa foresta di follia
folle abbarbicate a guardarti, indicano con foga e strafottenza
senza vita senza soglia senza sosta
servi della luce, gioia atroce
forca per persone semplici e mal di denti
credi in ogni momento
crolla il viso dei sorrisi piacevoli e ben riusciti. vinci battaglie senza senso.
basta un movimento, solo un sussulto.

venerdì 7 febbraio 2014

Stanze

Oggi la merda ha un buon sapore. C'è un letto sullo sfondo e nient'altro. Un buio lieve e denso. C'era una salita in montagna, la solitudine dei numeri che anche se non sono primi non importa. C'è un legame sottile fatto di piccoli fili di sorrisi e pianti. Vite intrecciate inevitabilmente, era così per forza, non c'era altra possibilità. Kebab e birre. Birre e kabab. Il kebab cade si sfalda la piadina e la carne si ammassa per terra. Se ne può chiedere un altro o piazzarsi a raccogliere i cocci. I cocci suono tuoi. 

mercoledì 5 febbraio 2014

è tutto un viaggio


Grazie al cazzo

Cercando qualcosa che non esiste ci siamo impigliati in posti sconosciuti, in reti di sguardi e progetti, in bisogni sorti da mancanze ignote. Ignari abbiamo proseguito su un terreno dissestato con pietre aguzze e tagli sul corpo. Gracili gesti che cercano attenzione. Fogli di vite sparsi e messi in disordine su scrivanie vuote e troppo spaziose.

Grazie al cazzo.

Persi per strada, se c'è, poi, una strada. Asfalto tra le arterie, cemento sulle palpebre, cicatrici sui palmi e corriamo ancora.
Senza il limite del reale, senza storie da poter raccontare. Senza.
Con un orizzonte di possibilità sbagliate.
Con un orizzonte di possibilità e basta.

martedì 4 febbraio 2014

Amen

Non saprei. In questi anni i tempi sono scomparsi. Come anime disperate che scappano dagli sguardi. Ho visto il loro volto seduta su questo scalini. Ci separava la vita e le carte che abbiamo in mano. Ci separavano i ricordi e le prodezze, la camminata e le scarpe nuove. Tanti corpi schizzano sulla superficie della terra, in questa piazza scoperta. Di notte il deserto. Solo il giallo del cielo e di questi lampioni. O forse solo dei lampioni. Grezzo il battito che è incastonato tra due o tre ossa. Avrei preferito morire lì, senza altri respiri. O forse è una scusa, stupida, per non arrancare più di tanto. Voci che scompaiono, ma rimangono incise sulla pelle. Vacui pensieri che annebbiano l'unica lucidità possibile. Gravi che cadono sopra queste teste spoglie. Alberi senza foglie. Il sedile della metro è un porto tra tutti questi giubbotti e giacche, borse da lavoro e zaini stracolmi, tra chi striscia tra la folla e il bisogno di fuggire. Che, però, rimane. Di soppiatto, silenziosamente presente. Non in un luogo o in un tempo distante, ma fuori dalla mente che picchietta in modo insistente. Questa stronza, il suo gioco è appena iniziato e vacci piano se no ti schianti. Amen.