martedì 4 febbraio 2014

Amen

Non saprei. In questi anni i tempi sono scomparsi. Come anime disperate che scappano dagli sguardi. Ho visto il loro volto seduta su questo scalini. Ci separava la vita e le carte che abbiamo in mano. Ci separavano i ricordi e le prodezze, la camminata e le scarpe nuove. Tanti corpi schizzano sulla superficie della terra, in questa piazza scoperta. Di notte il deserto. Solo il giallo del cielo e di questi lampioni. O forse solo dei lampioni. Grezzo il battito che è incastonato tra due o tre ossa. Avrei preferito morire lì, senza altri respiri. O forse è una scusa, stupida, per non arrancare più di tanto. Voci che scompaiono, ma rimangono incise sulla pelle. Vacui pensieri che annebbiano l'unica lucidità possibile. Gravi che cadono sopra queste teste spoglie. Alberi senza foglie. Il sedile della metro è un porto tra tutti questi giubbotti e giacche, borse da lavoro e zaini stracolmi, tra chi striscia tra la folla e il bisogno di fuggire. Che, però, rimane. Di soppiatto, silenziosamente presente. Non in un luogo o in un tempo distante, ma fuori dalla mente che picchietta in modo insistente. Questa stronza, il suo gioco è appena iniziato e vacci piano se no ti schianti. Amen.

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