Siamo senza sosta dei giganti nell'aria
senza meta. Metà della specie distrutta per la nostra disparità.
Diogene direbbe che siamo pazzi incalliti, cani vigili dall'essenza
inutile. Ignobile l'esistenza di chi a raffica cerca la sobrietà,
sopra la media, l'alterità oltre l'inedia. Immensa certezza che si
staglia sopra la brezza di questa città. In cattività come bestie
nel mondo, inondo con frasi senza senso questo pomeriggio eterno. Ho
sempre voluto un punto fermo nel divenire del giorno, torno
inevitabilmente all'inizio. Uno scalino dopo l'altro, correndo con
poco fiato. Mi accordo dell'esatto momento in cui mi volto. Intorno
un campo sterminato di verità sepolte, stronze queste realtà
tolgono fiato. Rinato il polso, torna a battere. Zattere in questo
mare agitato, onde si infrangono nell'ora di punta. La folla avanza,
la fila sbotta. Sono qua con una rotta distorta, aperta alle
interpretazioni e all'esitazione. Esistono flebili momenti di
intimità. Tra me e me respiro e trattengo un sorriso. Guardo con gli
occhi di chi non ha niente da dire, ascolto il parlare senza gioire.
Armeggio con pratiche di vita, vitalità infinita. Correre in questo
spazio smunto che sembra un immenso travaglio. Verrebbe da
distogliere lo sguardo, tutti appresso al proprio sbaglio e al
proprio sogno. Avrei voluto conoscervi, ma non mi interessa sporgermi
oltre questa recinzione. Sto qua e vago, verto verso strade diverse.
Sarà un piacere incontrarsi oltre la siepe.
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