domenica 29 settembre 2013

storie di bande stagnate

Tra le piaghe delle giornate c'è un sussulto che sbatte a terra le coscienze. Siamo un tumulto senza fine di sguardi e occhiate strane. Non avrei voluto finire in mezzo a questo sciame senza scopo, ma alla fine, ci sguazzo senza sonno. Non colgo la differenza tra le sfumature di grigi. Sbagliare è un modo di agire che ormai si applica a questi istanti. Ho trovato un minuto di follia, tra del colore nell'aria. Un respiro sofferto, ma fermo nel tempo. In un luogo staccato. Come un cubo di eterno. Dentro ricordi e immagini scorrono, non ci sono immagini e nemmeno ricordi. È solo il corpo a decidere il ritmo ed è come un ballo senza incertezze. Non c'è un giudizio, non una fine. Solo un sentire che sgorga da queste sottili vene. E così al poco prezzo di pochi euro si spalanca l'armadio di Narnia dei nuovi pischelli. In mano la vita e poche altre preoccupazioni.

mercoledì 25 settembre 2013

Oltre

Lasciare la vita fuori dalla porta per qualche ora, perché non sempre si ha voglia di battersi con gli occhi di qualcun altro, con idee che schizzano per le strade, con le esistenze che ingranano e con quelle che non lo fanno.
Non avere voglia di paragoni, di vestiti, di ragioni.
O forse avere troppa voglia, tanto da non capire come agire.
Attivare i sensi non è cosa semplice. A volte esistono e nemmeno ci si accorge.
Inerzia del sentire.
Appoggiarsi su un divano per ore, dormire per non vedere.
E forse sarebbe così semplice.
Basterebbe ascoltare.

E si rimane, qua, in sospensione tra due momenti, tra mille vite, tra troppe strade, su una corda tesa che obbliga ad andare. Oltre.

Storie di furgoni

A volte mi sembra che tu non sia mai esistito. Dico, perché, a volte non mi ricordo nemmeno che sei esistito e mi verrebbe da prendermi a schiaffi.
Ma, è così.
In questi ultimi anni non ti ho pensato spesso. Forse perché non riusciamo a pensare durante la monotonia dei giorni, delle cose da studiare, delle pagine da sfogliare.
A volte, invece, in questi ultimi tempi, mi fermo in mezzo alla stanza e mi passa un momento davanti, come una scaglia lanciata dall'aria ferma ed informe. Alla fine non ho occasioni di fermarmi davanti alla tua foto troppo a lungo. Alla fine non ho più guardato le tue foto. Alla fine mi accorgo che basterebbe condividere un attimo qualche lembo di pelle, per averti vicino al mio pianto e al mio sorriso. Vorrei chiederti cosa devo fare ora e vorrei chiederti come mi vedi, ora. Vorrei incrociare il tuo sguardo, ora. Vorrei vederti mangiare e bere. Vorrei che cucinassi per me. Vorrei che mi sorridessi. Vorrei che raccontassi una delle tue battute e vorrei pensare che a volte non fanno nemmeno ridere quelle battute, ma dette da te hanno un altro effetto. Vorrei provare quella tenerezza che mi è stata rubata quel giorno, quando ti ho immaginato e non sei più tornato. Vorrei smettere di scrivere queste stupide parole e di fare quella dai sentimenti deboli.
Ma alla fine sono qua che scrivo e ne ho bisogno, perché vorrei saltare sulla poltrona appoggiarmi sulla tua pancia e non pensare a niente, perché il futuro non esiste, c'è solo lo scorrere lento del respiro e quell'aria di mare in lontananza.

domenica 8 settembre 2013

Niente di nuovo

In questa testa accade di tutto. La vita fuori è solo un trucco per pochi, noi siamo instabili che ci dirigiamo verso pianeti impossibili. Ho una lista di cose infinite da incidere su questa pelle che si traveste di mille sembianze. È facile mostrarsi fuori come invincibili e sicuri, come se fossimo eroi sullo spigolo degli eventi, ma siamo racchiusi in due o tre lembi di tessuti, vecchi e consumati. Avremmo già cambiato le regole del gioco, ma rimane tutto uno sporco sogno che blocca questo finto respiro di un debole corpo che si trascina in giro. Abbiamo raccolto provocazioni, ma son rimaste ferme nell'androne dei nostri talenti mai coltivati e mai presi sul serio. Rimaniamo indispettiti di fronte ad un cambiamento, forse unica spiaggia in cui sostare per combattere contro lo scorrere del tempo. E mi passano i giorni sulla faccia, vedo riflessi di qualche speranza, lontani in un vicolo a me ignoto e ormai nascosto.

domenica 1 settembre 2013

Specchio

Mi guardo a questo specchio, ma non sono io, non ora. È come vedere un terzo soggetto di una vita che non ci sarà mai, di un'esistenza che è solo nelle nostre teste pronte ad esplodere. Come un a figura inesistente ci si rivolge a quell'immagine che davanti a noi sorride e finge di non conoscerci. Sai in questo momento non vorrei essere qua a guardarti senza poteri capire, senza potermi esprimere. Quasi rido di fronte a tale insensatezza, perché ora i limiti del giorno non reggono e si può fare quasi tutto. Eppure ci guardiamo e non siamo umani e io ti vedo, ma non provo. Sto pensando a come rincorrere questa immagine, a come fare a raggiungere lo scopo che non ho. Vorrei solo poter capire per una volta quale esito si sta evincendo all'orizzonte e, invece, sono qua che scruto le righe dell'essere e non capisco cosa possa succedere. Giro in bici per respirare e riprendere quella conoscenza del normale che altrimenti si lascerebbe sfuggire. Io non voglio essere, vorrei esistere, ma in questo lasso di tempo mi accorgo della difficoltà di apprendere il mio limite. Vorrei poterti leggere quegli occhi fragili. Sai in quel momento ho creduto di non esistere, in quel momento ho creduto di essere in un tempo senza spazio, in un tempo senza luogo, come sospeso dalle moltitudini di vite che di solito mi circondano. Vorrei solo poter dire che ti sono debitrice, ma non è così;  non succede se non nella propria mente, quindi continuo a respirare senza interpellare il tuo animo e il tuo spirito e sono qua che barcollo e non riesco a spiegarmelo, ma non trovo altra soluzione che dormire ancora in questo nuovo giorno.