giovedì 26 dicembre 2013

Prima che si cancelli tutto

Cronache di estati tra raduni di Libera e Napoli.

Dopo 20 giorni pieni di persone, voci, sorrisi, passo una intera giornata nei miei soliti 6mq o giù di lì. Mi fermo a rivedere come in un drive in le immagini di una vita vissuta troppo in fretta. In sottofondo mi sfonda le orecchie "people have the power" e allora tutti in giro si accorgono che è arrivato il momento della formazione. Dalla Chiesa, Mattiello, la Rispoli. Vedo il rosso dei capelli di Gaia in lontananza. Scambio qualche chiacchiera e si inizia. Dopo sono in fila che aspetto di ricevere la mia porzione di patate novelle e spinaci, rinominati "ghiaccio", per la loro bontà. Un tuffo al mare la mattina per sfuggire al riscaldamento. Incontri e emozioni gracchianti. Entriamo poi a Partanna trionfanti in un paese che si chiude in se stesso. Mi sembra di vedere tra noi Rita Atria che cammina sicura tra le vie del posto che l'ha abbandonata. Piera Aiello è una bomba. Una miccia che esplode ogni volta come se fosse la prima. Vincenzo Agostino entra in scena senza troppi fronzoli e come un punto bianco si infila tra le parole spese in queste giornate. Poi parte la musica e la passione si fonde con una buona dose di spensieratezza. In tenda rubo il sacco a pelo, giusto perchè ho fatto bene la valigia. Poi arriva la partenza senza troppi avvisi. Prendo la nave, mi fermo. Scendo dalla nave. Sono in macchina. Una scatola blu che attraversa Napoli. Non so che cosa sto facendo, ho ancora la testa tra i colori della Sicilia e il mare brodaglia di Marsala. Però capisco da subito che mi piacerà, non so perchè, ma mi piacerà. Arrivo. Sono scaraventata in un nuovo mondo, ma almeno mi posso concedere una capatina in bagno e un sorso d'acqua. Poi compare la Cola, Camilla e tutta la banda che mi accompagnerà per i prossimi giorni. Famiglia. Sono tornata in camera. Fa caldo oggi. Più che altro perchè sono sigillata qui come in una confezione di, com'è che erano?, ah, sì, patate novelle. Mi giro. Appare un sorriso di un bambino rom di Giugliano, ma anche di uno del campo di Scampia e del quartiere e...continuate voi. Mi ritrovo le mani sudaticce sulle spalle e tiro su un corpicino gracile per farlo roteare nell'aria umida di quei giorni. Qualcuno salta la corda. Qualcuno corre. Qualcuno frigna. Ascolto un pò di musica. Mi estranio per qualche secondo. Rido. Mi sveglio e mi vesto un pò a caso. Faccio colazione. mi cade il biscotto nella tazza. Faccio qualche cazzata quotidiana e si riparte. Ora sono in piscina e trascino Mersiana in questa zuppa estiva, ma fresca. Leo mi guarda e mi lancia un bacio. Parlo con Danilo e do una pacca a Giovanni. Bevo. Rido e Bevo. Grazie per queste istantanee che mi porto sulle spalle, come briciole nelle tasche. Ognuno di voi è stato essenziale e al posto giusto nel momento giusto.

martedì 17 dicembre 2013

Altrove.

Questa città ha dei luoghi sacri. Si aprono sipari ad altri sconosciuti. Siamo noi i tesorieri e i destinatari dello spettacolo. Un'immagine impressa, disegnata sulle palpebre che resta lì, ferma. Ormai ogni spazio ha il suo nome, ogni metro quadro il suo dolore. Ogni cielo la sua dose di sporca felicità. Siamo qua ed è già finita o semplicemente deve ancora iniziare. Mi sono infilata in cunicoli troppo stretti per poi poterne uscire. Senza troppa consapevolezza ho preso un'arma e ho iniziato a tastare il terreno. Una roulette personale che a vederla bene non ha che un solo esito. Strategico il gioco. Ignari gli spettatori e le comparse. Ambito il premio, distrutta la speranza. Sempre a modo per gli altri, sola al mondo per te. Completamente ribaltato lo scorrere del tempo, dall'inizio alla fine, si parte dalla fine per poi costruire le storie. A tratti marce. A tratti belle. Come un cubo di rubik uscito male. Quello di cui ancora non hai capito il meccanismo e stai là a ribaltarlo e a distruggerti per forzare la situazione. Grandi inconsistenze, senza un presente, senza un futuro. Solo un passato che non esiste. Gradi di strati con cui mi ricopro, ormai non mi scorgo e non guardo più. Avevo forse uno scopo, ma ho sbagliato a lungo e ora vago. Altrove.  

giovedì 5 dicembre 2013

Grezzo

Siamo nati tutti così. Senza il bisogno di nascere, con la necessità di respirare. Senza l'angoscia di vivere, con l'ebrezza del colore. Nuovi suoni e immagini. Tutto così complesso e tutto così semplificato. Abbiamo mille ragioni o non ne abbiamo nessuna. Gradiamo il sapore sulla lingua che non si stanca di appoggiarsi. Staziona per poco, però. Va giù. Un tocco amaro, dopo qualche sorriso. Un giorno rubato e un altro acquistato. Un grande affare e una perdita devastante. Il trucco del mondo che ci abbaglia ogni tanto. Graffia le lenti degli occhiali degli altri. Oggi ho guidato senza patente. Che ebrezza importante. Sfiorare la sconfitta della regola. Che ambizioni. Che sogni di gloria e grazia. Due belle donne, in fondo. Grandi sguardi, che attraversano gli anni, i tempi, i reclami e le lamentele. Le multe e le prigioni, le figure e le delusioni. Grezza tenacia, per mantenere costante questa sensazione nello spazio di queste quattro mura. Un'ansia nascente che è già morta con il passo febbrile dell'alba. Soli che esplodono e riducono tutto in frantumi che poi si incollano e si fa un vaso. Uno di queli che c'è sempre stato. Su quel mobile che guarda il futuro e il presente con fare altezzoso. Ma non si muove e non parla. Non si pronuncia e non si sveglia. Grandi mosse le nostre. Come pedine su una nuova scacchiera. Senza schemi di gioco, solo respiri ignoti e ignobili. Incredibili e fragili. Che si spezzano con l'aggredire del vento che spiazza le occhiate che guardano il mondo di sfuggita. Gracchia la notte, queste occhiaie sono il quadro delle ore e delle emozioni del giorno. Si conclude il ciclo dei sorrisi e delle smorfie. Il mento si rilassa e il collo non è più teso. Adagiato il busto sopra un letto, le coperte tese per ammazzare il freddo che cerca di entrare. Lo stronzo ama la compagnia, la mia.
Evitiamo troppe sgambettate in questi posti estranei. Preferisco rimanere dove conosco il perimetro d'azione. Non trovate che siamo un po' estranei a questo gioco? Estraniati dalla preparazione, dalle regole e dalla precisione. Decisioni mai prese e mai ascoltate. Ci incammineremo ancora sulle soglie delle case d'altri. Suoniamo questi campanelli che ad aprirci sarà il vuoto con le sue palpebre semichiuse, ma con fessure lente e sicure che lasciano passare la luce.