Dopo
20 giorni pieni di persone, voci, sorrisi, passo una intera giornata
nei miei soliti 6mq o giù di lì. Mi fermo a rivedere come in un
drive in le immagini di una vita vissuta troppo in fretta. In
sottofondo mi sfonda le orecchie "people have the power" e
allora tutti in giro si accorgono che è arrivato il momento della
formazione. Dalla Chiesa, Mattiello, la Rispoli. Vedo il rosso dei
capelli di Gaia in lontananza. Scambio qualche chiacchiera e si
inizia. Dopo sono in fila che aspetto di ricevere la mia porzione di
patate novelle e spinaci, rinominati "ghiaccio", per la
loro bontà. Un tuffo al mare la mattina per sfuggire al
riscaldamento. Incontri e emozioni gracchianti. Entriamo poi a
Partanna trionfanti in un paese che si chiude in se stesso. Mi sembra
di vedere tra noi Rita Atria che cammina sicura tra le vie del posto
che l'ha abbandonata. Piera Aiello è una bomba. Una miccia che
esplode ogni volta come se fosse la prima. Vincenzo Agostino entra in
scena senza troppi fronzoli e come un punto bianco si infila tra le
parole spese in queste giornate. Poi parte la musica e la passione si
fonde con una buona dose di spensieratezza. In tenda rubo il sacco a
pelo, giusto perchè ho fatto bene la valigia. Poi arriva la partenza
senza troppi avvisi. Prendo la nave, mi fermo. Scendo dalla nave.
Sono in macchina. Una scatola blu che attraversa Napoli. Non so che
cosa sto facendo, ho ancora la testa tra i colori della Sicilia e il
mare brodaglia di Marsala. Però capisco da subito che mi piacerà,
non so perchè, ma mi piacerà. Arrivo. Sono scaraventata in un nuovo
mondo, ma almeno mi posso concedere una capatina in bagno e un sorso
d'acqua. Poi compare la Cola, Camilla e tutta la banda che mi
accompagnerà per i prossimi giorni. Famiglia. Sono tornata in
camera. Fa caldo oggi. Più che altro perchè sono sigillata qui come
in una confezione di, com'è che erano?, ah, sì, patate novelle. Mi
giro. Appare un sorriso di un bambino rom di Giugliano, ma anche di
uno del campo di Scampia e del quartiere e...continuate voi. Mi
ritrovo le mani sudaticce sulle spalle e tiro su un corpicino gracile
per farlo roteare nell'aria umida di quei giorni. Qualcuno salta la
corda. Qualcuno corre. Qualcuno frigna. Ascolto un pò di musica. Mi
estranio per qualche secondo. Rido. Mi sveglio e mi vesto un pò a
caso. Faccio colazione. mi cade il biscotto nella tazza. Faccio
qualche cazzata quotidiana e si riparte. Ora sono in piscina e
trascino Mersiana in questa zuppa estiva, ma fresca. Leo mi guarda e
mi lancia un bacio. Parlo con Danilo e do una pacca a Giovanni. Bevo.
Rido e Bevo. Grazie per queste istantanee che mi porto sulle spalle,
come briciole nelle tasche. Ognuno di voi è stato essenziale e al
posto giusto nel momento giusto.
giovedì 26 dicembre 2013
martedì 17 dicembre 2013
Altrove.
Questa città ha dei luoghi sacri. Si
aprono sipari ad altri sconosciuti. Siamo noi i tesorieri e i
destinatari dello spettacolo. Un'immagine impressa, disegnata sulle
palpebre che resta lì, ferma. Ormai ogni spazio ha il suo nome, ogni
metro quadro il suo dolore. Ogni cielo la sua dose di sporca
felicità. Siamo qua ed è già finita o semplicemente deve ancora
iniziare. Mi sono infilata in cunicoli troppo stretti per poi poterne
uscire. Senza troppa consapevolezza ho preso un'arma e ho iniziato a
tastare il terreno. Una roulette personale che a vederla bene non ha
che un solo esito. Strategico il gioco. Ignari gli spettatori e le
comparse. Ambito il premio, distrutta la speranza. Sempre a modo per
gli altri, sola al mondo per te. Completamente ribaltato lo scorrere
del tempo, dall'inizio alla fine, si parte dalla fine per poi
costruire le storie. A tratti marce. A tratti belle. Come un cubo di
rubik uscito male. Quello di cui ancora non hai capito il meccanismo
e stai là a ribaltarlo e a distruggerti per forzare la situazione.
Grandi inconsistenze, senza un presente, senza un futuro. Solo un
passato che non esiste. Gradi di strati con cui mi ricopro, ormai non
mi scorgo e non guardo più. Avevo forse uno scopo, ma ho sbagliato a
lungo e ora vago. Altrove.
giovedì 5 dicembre 2013
Grezzo
Siamo nati tutti così. Senza il
bisogno di nascere, con la necessità di respirare. Senza l'angoscia
di vivere, con l'ebrezza del colore. Nuovi suoni e immagini. Tutto
così complesso e tutto così semplificato. Abbiamo mille ragioni o
non ne abbiamo nessuna. Gradiamo il sapore sulla lingua che non si
stanca di appoggiarsi. Staziona per poco, però. Va giù. Un tocco
amaro, dopo qualche sorriso. Un giorno rubato e un altro acquistato.
Un grande affare e una perdita devastante. Il trucco del mondo che ci
abbaglia ogni tanto. Graffia le lenti degli occhiali degli altri.
Oggi ho guidato senza patente. Che ebrezza importante. Sfiorare la
sconfitta della regola. Che ambizioni. Che sogni di gloria e grazia.
Due belle donne, in fondo. Grandi sguardi, che attraversano gli anni,
i tempi, i reclami e le lamentele. Le multe e le prigioni, le figure
e le delusioni. Grezza tenacia, per mantenere costante questa
sensazione nello spazio di queste quattro mura. Un'ansia nascente che
è già morta con il passo febbrile dell'alba. Soli che esplodono e
riducono tutto in frantumi che poi si incollano e si fa un vaso. Uno
di queli che c'è sempre stato. Su quel mobile che guarda il futuro e
il presente con fare altezzoso. Ma non si muove e non parla. Non si
pronuncia e non si sveglia. Grandi mosse le nostre. Come pedine su una nuova scacchiera. Senza schemi di gioco, solo respiri ignoti e
ignobili. Incredibili e fragili. Che si spezzano con l'aggredire del
vento che spiazza le occhiate che guardano il mondo di sfuggita. Gracchia la
notte, queste occhiaie sono il quadro delle ore e delle emozioni del
giorno. Si conclude il ciclo dei sorrisi e delle smorfie. Il mento si
rilassa e il collo non è più teso. Adagiato il busto sopra un
letto, le coperte tese per ammazzare il freddo che cerca di entrare.
Lo stronzo ama la compagnia, la mia.
Evitiamo troppe sgambettate in questi
posti estranei. Preferisco rimanere dove conosco il perimetro
d'azione. Non trovate che siamo un po' estranei a questo gioco?
Estraniati dalla preparazione, dalle regole e dalla precisione.
Decisioni mai prese e mai ascoltate. Ci incammineremo ancora sulle
soglie delle case d'altri. Suoniamo questi campanelli che ad aprirci
sarà il vuoto con le sue palpebre semichiuse, ma con fessure lente e
sicure che lasciano passare la luce.
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