Volevo attraversare quel parco senza
pensare, senza inondarmi l'anima di frasi e proseguire in bicicletta
senza remore, così seguendo il moto delle ruote e del fruscio
dell'aria tra i capelli.
Fresco di bucato sta lì, la giacca
marrone. Mi fissa, tipo concedendomi un po' di compassione, ma stando
severa sulle sue. È solo
un attimo, di quella follia quasi impercettibile. Non so nemmeno
perchè sto scrivendo, se per liberarmi o far andare le mani, così
rapide e ligie su una tastiera sgangherata. Sapete, non pensavo ci si
potesse accorgere di attimi passati e guardarli così bene da
lontano. Stoppando col telecomando ed analizzando la scena. Tipo
com'era messo quello, dove stava seduto l'altro, come si grattava la
testa la tipa accanto. E io cosa dicevo? Cosa dicevo? Come agivo? Non
mi piace passare in rassegna le stupidaggini, eppure ne ho fatte. E
forse sono le uniche che passo davvero in rassegna, quasi godendo
della mia bravura a toppare. Ed ora il momento melenso della chitarra
d'accompagnamento. Non piangiamoci, dunque, sopra questo latte appena versato.
E mi dicono di no. Eppure lo vedo
ovunque. Sì, quel gesto di menefreghismo verso le cose che non
vorrei mai avere. Verso le persone che popolano le strade e le vie
del palazzo.
Questa frase non aveva senso.